Preparare la strada
La scorsa domenica ci siamo lasciati con la speranza che il bene vinca sul male e che trionfi la pace sulla guerra e abbiamo confermato la fede che possiamo intervenire con la preghiera per affrettare il processo di pace. Questa domenica la Parola di Dio ci esorta a preparare la via del Signore, a lavorare per la pace.
Qualche tempo fa durante il pranzo del cinquantesimo delle nozze di una famiglia di amici, i figli mi parlarono del loro lavoro e fui sorpreso che quasi tutti descrivessero il loro ambiente lavorativo a tinte fosche. “Siamo quaranta donne, tutte specializzate nel taglio della pelle per fare borse di una grande ditta.
È un nido di vipere! Sono stata presa di mira dalla responsabile, che per diversi giorni non mi ha dato la pelle per lavorare e non soltanto a me…”. Mi vennero in mente le esperienze di tanti condomini che sono in causa tra loro; senza contare l’esempio dei politici che, più che interessarsi al bene comune, sembra che siano stati eletti per litigare tra di loro. Non mancano esemplari eccezioni, che per questo rimangono eccezionali.
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“Preparate le vie del Signore, raddrizzate i suoi sentieri”. Guardandoci intorno il lavoro non manca; strade da rendere diritte e colli da abbassare non mancano. Il Signore vuole un’attesa operosa, una speranza attiva. È impossibile sperare senza riconoscere sinceramente ciò che siamo e ciò che dobbiamo diventare. Ciascuno deve avere il coraggio di affrontare la realtà del proprio stato per avviare il dinamismo della speranza.
La parola di Dio ci presenta la grave situazione di Israele che “ha ricevuto dal Signore doppio castigo per tutti i suoi peccati” e invita a ritrovare nella preghiera lealtà e purezza per essere graditi a Dio. Questo lavoro si chiama ‘conversione’ che deve essere radicale: “In quel giorno l’uomo guarderà verso il suo creatore, volgerà lo sguardo verso il Santo di Israele”. Giovanni Battista non cessa di gridare la conversione. Camminare sulle vie del Signore in attesa di Lui. Rinnegare sé stessi, prendere la propria Croce e seguire le orme di Cristo è lo stile di vita di chi spera davvero. Non spera chi non vuol cambiare. È inutile manifestare per la pace ed essere in guerra con i vicini!
Giovanni Battista annuncia che verrà dopo di Lui uno più forte di Lui che battezzerà non con l’acqua, ma con lo Spirito Santo.
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Colui che fu annunciato è già venuto e ci ha battezzato con lo Spirito Santo. Stiamo aspettando chi è già in mezzo a noi. Qual è allora il significato della nostra attesa? La scoperta della sua Presenza: “In mezzo a voi c’è uno che voi non conoscete”. Sappiamo della sua Esistenza attraverso la fede. Questa fede deve crescere fino a diventare esperienza. Questa è fondamentalmente l’avventura cristiana: diventare dei mistici, persone che hanno sperimentato la presenza della persona in cui credono, Gesù Cristo, la sua presenza di Risorto. L’avventura non deve spaventarci, la vita è un continuo avvento, attesa, desiderio. Il teologo Karl Rahner afferma: “I cristiani di domani o saranno dei mistici o non saranno”. Se ci sentiamo lontani da questa esperienza e percepiamo la debolezza della nostra fede è il momento di esercitare la speranza che è sostanzialmente desiderio fino a diventare passione. E questa passione si manifesta nella preghiera che è essenzialmente attesa, avvento. E serve tanta preghiera. Scrive Dietrich Bonhoeffer, teologo, pastore e martire: “C’è voluto del tempo perché Dio venisse a noi per salvarci. E ha bisogno di tempo prima di entrare nel mio cuore per salvarmi”.
Cristo è l’oggetto della speranza. La comunione con Lui è il compimento dei nostri desideri. La preghiera come quella dei primi fratelli nella fede non può essere che: “Vieni Signore Gesù!”, da ripetere finché il desiderio diventa passione, tale da aprirGli le porte. È quanto desidera da noi.