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Sr. Mariangela Tassielli – Commento al Vangelo di domenica 3 Dicembre 2023 per bambini/ragazzi

Commento al brano del Vangelo di: ✝ Mc 13, 33-37

«Tu sei nostro Padre, Signore; da sempre ti chiami nostro redentore. Perché ci lasci vagare lontano dalle tue vie? (…) Se tu squarciassi i cieli e scendessi!».

Punti esclamativi e punti interrogativi si susseguono nella prima lettura che la liturgia, in questa prima domenica di Avvento, ci offre. Isaia – profeta che accompagnerà i giorni dell’Avvento – incalza e non sembra rivolgere a noi le parole di Dio, quando piuttosto a Dio le nostre. Le nostre parole. I nostri dubbi. Le nostre invocazioni. Perché sì, molto di quello che Isaia dice a Dio è anche ciò che continua ad attraversare la nostra mente: pensieri, idee, domande, illusioni che spesso riempiono la nostra preghiera e la nostra fede… e che in alcuni casi però rischiano anche di svuotarle e svuotarci.

Da Isaia a noi: le sue parole sembrano anche le nostre, come se nulla è cambiato. Come se le nostre domande non hanno mai avuto una risposta, come se non c’è mai stato un Gesù di Nazaret, come se Dio ha ancora bisogno di essere implorato, placato…
Noi, non possiamo più dire: «orecchio non ha sentito e occhio non ha visto», perché quel “tanto” fatto da Dio e riconosciuto da Isaia è diventato pulviscolo se confrontato con quanto è accaduto con l’incarnazione.
Noi non dovremmo più poter dire: «se tu squarciassi i cieli e scendessi…», perché noi abbiamo visto, abbiamo udito, abbiamo toccato il Dio tra noi, l’Emmanuele che proprio Isaia annuncerà. Dio è già sceso, ha già unito cielo e terra, e non ha voluto stupirci con null’altro se non con la disarmata umanità di un bambino.

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Eppure quante volte sulle nostre labbra, o anche semplicemente nei nostri pensieri, compare quel: «Se tu, Signore, fossi qui», «Se tu fossi tra noi…»: immagineremmo comportamenti, atteggiamenti diversi e certamente un mondo migliore. E quel «se…» in fondo non fa altro che tradire la convinzione di un’assenza, di una distanza abissale, di mondi (noi e Dio) che purtroppo continuano a non incontrarsi.

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Eppure, il Natale a cui ci stiamo preparando ci dice che quel se non ha più un senso, che Dio si è già fatto prossimo alla nostra umanità: lui è tra noi, lui vive in noi, lui ci attraversa ed è presente e contemporaneo alla nostra storia e alla storia del mondo.

Che cosa fare allora? Come smetterla di sprecare tempo prezioso con pensieri che non permettono di incontrare Dio?

«Fate attenzione», dice Gesù, «vegliate». E l’atteggiamento non sembra legato a un singolo momento. Sembra più una condizione, uno stile di vita. Vegliare, vivere in costante attesa; vigilare, essere desti rispetto alle cose, agli eventi, desti anche nella stessa coscienza, tante volte troppo labile, più propensa a lasciarsi offuscare, inibire.

Vegliamo senza sosta: vigiliamo su noi stessi e sulle nostre scelte. A ciascuno di noi è stato dato un compito, alla nostra vita è legato un pezzo di terra, ma anche di cielo: non addormentiamoci, non lasciamoci convincere dal facile, dal più comodo, dal più immediato. La storia è una pagina da scrivere, e ognuno di noi ha una preziosa penna in mano: possiamo più di quanto immaginiamo. Vegliamo senza sosta sui nostri pensieri. E ogni volta che pensiamo a un Dio fuori da questa storia, un Dio lontano dal nostro dolore, un Dio che ama essere convinto, invocato, imbonito a forza di doni, suppliche e promesse… ricordiamo a noi stessi che lui è già presente, già qui, già vicino. Abbiamo solo bisogno di occhi e cuore che riescano a vederlo.

Buon inizio dell’anno liturgico!

Per gentile concessione di Sr. Mariangela, dal suo sito cantalavita.com

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