In questi vangeli di fine anno liturgico, che potremmo leggere come un’unica, articolata riflessione sul senso della storia e dell’incontro finale con Te, torna spesso la parola “vigilate”. L’abbiamo incontrata anche domenica scorsa al termine della parabole delle dieci ragazze che attendono lo sposo. Di cui la parabola dei talenti di oggi è il naturale svolgimento.
È introdotta da un “come” che nel testo greco è molto più forte di quanto risulti nella lettura liturgica. Dopodiché è palese che la parabola si regga su di una speculartità tra ciò che ci aspettiamo nell’incontro con Te e ciò che troveremo. Se abbiamo imparato a vederti come il Dio grande e misericordioso, non sarà un problema trasformare i 5 talenti in dieci: è la Tua potenza a farlo, e l’incontro finale con Te sarà una festa.
Per inciso: smettiamo di dare al termine “talento” il significato moderno, non siamo in uno show da prima serata. Il talento era un’unità di misura e si riferisce alla Tua ricchezza che condividi con noi (anche qui siamo liberi di decidere cosa sia questa Tua ricchezza).
- Pubblicità -
Se invece per noi sei il Dio duro che miete dove non ha seminato, colui al quale dovremo rendere un giorno tutto ciò che di bello ci è stato donato – attenzione! Solo il terzo servo la pensa così. Il senso dei termini quando le ricchezze vengono affidate suggerisce invece che lo siano definitivamente, che debbano essere solo soggette ad un controllo… – questo è il Dio che troveremo. E sarà una tragedia.
Sì, siamo liberi di fare anche il terribile sbaglio di scambiare Te con il Caronte qui a fianco che appartiene agli inferi (posto che ci incute soggezione anche il Cristo di Michelangelo). Ma il senso centrale del brano è dato proprio dai quei talenti moltiplicati per due a cui si aggiungono anche quelli di chi ha sprecato l’occasione.
Di chi ha scelto l’inutilità. Siamo qui ad attendere una gioia di cui Tu sei l’origine e il moltiplicatore. L’apparente ingiustizia di dare il talento non trafficato a chi ne ha già diceci va a giovamento di tutti. Se viene moltiplicato, lo sarà anche per noi.
- Pubblicità -
don Claudio Bolognesi