Nella prima parte del testo del vangelo di Luca troviamo i farisei, soliti a cercare di mettere in difficoltà il Maestro, che pongono una domanda sul regno di Dio, parte importante del kerygma di fede.
L’annuncio del Regno di Dio, infatti, nelle sue modalità e nei suoi contenuti è quanto di più distante possa esserci per coloro che sono ancorati ad una lettura della Parola che invita all’attesa del Messia.
Gesù non è riconosciuto tale. Lo sa, e la risposta che offre il Nazareno diventa, in realtà, un messaggio per tutti e per i discepoli chiamati in causa subito dopo.
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La buona novella è l’annuncio di colui che è l’Emmanuele e che si è fatto carne per noi per salvarci. Dunque, si tratta di comprendere, di abbracciare, di vivere e condividere l’avvento del Figlio di Dio in tutte le dinamiche. Una presenza importante e anche molto scomoda.
Mentre i farisei non potranno mai accettarla, i discepoli comprenderanno faticosamente, tra alti e bassi, che dovranno fare propria la certezza che solo Gesù può indicare le tappe che porteranno all’incontro con il Padre misericordioso. Arriverà il momento che mediteremo nel vangelo di domenica 26 novembre dove il Signore indicherà chi potrà accedere e chi sarà rifiutato.
Ma non nasconde che anche loro sperimenteranno prove dolorose. Il Galileo abbraccerà la croce offrendo sé stesso per tutti. Ai discepoli sarà chiesto molto e talvolta anche il martirio. Abbiamo già meditato il testo dove viene ribadita la priorità di porre l’amore per Dio sopra tutto. Fino a versare sangue a causa della fede.
Non diversamente oggi: dopo duemila anni, molti cristiani che accettano l’avvento del Regno di Dio come una realtà già presente ma da realizzare nella sua pienezza sono forti nella fede fino al martirio. Lo saranno anche i discepoli al momento opportuno: la pericope di oggi è un grande insegnamento del Salvatore che ci invita a vedere cosa ci aspetta piuttosto che guardare il presente.
Per riflettere
Dovremo tutti abbracciare la nostra croce. Sappiamo che avremo come compagno di viaggio Colui che ha sperimentato sulla sua pelle la nostra fragilità, sperimentando tutto tranne il peccato. La morte di Gesù ha posto di rimedio ai nostri errori. La resurrezione del Signore ha aperto l’accesso alla vita eterna.
FONTE: Ascolta e Medita – Centro Pastorale per l’Evangelizzazione e la Catechesi