Una parabola pericolosa
“La parabola dei talenti proposta dalla liturgia odierna è una parabola che, secondo il mio povero parere, oggi è pericolosa: pericolosa, perché più volte l’ho sentita commentare in un modo che, anziché spingere i cristiani a conversione, pare confermarli nel loro attuale comportamento tra gli altri uomini e donne, nel mondo e nella chiesa. Dunque forse sarebbe meglio non leggere questo testo, piuttosto che leggerlo male…
In verità questa parabola non è un’esaltazione, un applauso all’efficienza, non è un’apologia di chi sa guadagnare profitti, non è un inno alla meritocrazia, ma è una vera e propria contestazione verso il cristiano che sovente è tiepido, senza iniziativa, contento di quello che fa e opera, pauroso di fronte al cambiamento richiesto da nuove sfide o dalle mutate condizioni culturali della società. La parabola non conferma neppure «l’attivismo pastorale» di cui sono preda molte comunità cristiane…, ma chiede alla comunità cristiana consapevolezza, responsabilità, laboriosità, audacia e soprattutto creatività. Non la quantità del fare, delle opere, né il guadagnare proseliti rendono cristiana una comunità, ma la sua obbedienza alla parola del Signore che la spinge verso nuove frontiere, verso nuovi lidi, su strade non percorse” (E. Bianchi).
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Dio ha fiducia in tutti noi
Il talento pesava circa 34 chili, e poteva essere d’argento o d’oro: alle quotazioni di oggi, contando l’argento a circa 630 euro al chilo e l’oro a 57.000 euro al chilo, il padrone a uno dà da 107.900 a 9.690.000 euro, a un altro da 42.840 a 3.876.000 euro, al terzo da 21.420 a 1.938.000 euro: in ogni caso, una bella differenza.
Dio ci tratta tutti in modo diverso: allora è ingiusto? Papa Francesco spiega così: “Dio non dà a tutti le stesse cose e nello stesso modo: ci conosce personalmente e ci affida quello che è giusto per noi; ma in tutti, in tutti c’è qualcosa di uguale: la stessa, immensa fiducia. Dio si fida di noi, Dio ha speranza in noi! E questo è lo stesso per tutti. Non deludiamolo! Non lasciamoci ingannare dalla paura, ma ricambiamo fiducia con fiducia!”.
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Quale immagine abbiamo di Dio?
Ma la parabola non è sul fatto che Dio dia a ciascuno doni diversi, ma su quale immagine noi abbiamo di Dio. I primi due servi accolgono il dono e gioiosamente si danno da fare per farlo fruttare, incuranti se vi riusciranno o meno: sono contenti di collaborare con il Signore, di cui hanno un’immagine bella, serena. Il loro Signore li accetterà e li accoglierà anche se commetteranno sbagli, errori di valutazione. Il terzo servo nasconde invece il suo talento perché ha davanti a sé l’immagine di un Dio “duro” (Mt 25,24), di cui avere “paura” (Mt 25,25). Un Dio che spaventa: è la tentazione sempre presente per l’uomo, fin da Adamo, che di fronte al Signore: “ebbe paura e andò a nascondersi” (Gen 3,10).
Ci ricorda Papa Francesco: “Per andare avanti e crescere nel cammino della vita, bisogna avere non paura: bisogna avere fiducia. Non dobbiamo pensare che Egli sia un padrone cattivo, duro e severo che vuole punirci. Se dentro di noi c’è questa immagine sbagliata di Dio, allora la nostra vita non potrà essere feconda, perché vivremo nella paura e questa non ci condurrà a nulla di costruttivo, anzi: la paura ci paralizza, ci autodistrugge”.
La gioia di far crescere il patrimonio
Continua Papa Francesco: “L’uomo della parabola rappresenta Gesù, i servitori siamo noi e i talenti sono il patrimonio che il Signore affida a noi. Qual è il patrimonio? La sua Parola, l’Eucaristia, la fede nel Padre celeste, il suo perdono… insomma, tante cose, i suoi beni più preziosi. Questo è il patrimonio che Lui ci affida. Non solo da custodire, ma da far crescere! Mentre nell’uso comune il termine «talento» indica una spiccata qualità individuale – ad esempio talento nella musica, nello sport, eccetera –, nella parabola i talenti rappresentano i beni del Signore, che Lui ci affida perché li facciamo fruttare.
La buca scavata nel terreno dal «servo malvagio e pigro» (v. 26) indica la paura del rischio che blocca la creatività e la fecondità dell’amore. Perché la paura dei rischi dell’amore ci blocca. Gesù non ci chiede di conservare la sua grazia in cassaforte! Non ci chiede questo Gesù, ma vuole che la usiamo a vantaggio degli altri. Tutti i beni che noi abbiamo ricevuto sono per darli agli altri, e così crescono. È come se ci dicesse: «Eccoti la mia misericordia, la mia tenerezza, il mio perdono: prendili e fanne largo uso». E noi che cosa ne abbiamo fatto? Chi abbiamo «contagiato» con la nostra fede? Quante persone abbiamo incoraggiato con la nostra speranza? Quanto amore abbiamo condiviso col nostro prossimo?
Sono domande che ci farà bene farci. Qualunque ambiente, anche il più lontano e impraticabile, può diventare luogo dove far fruttificare i talenti. Non ci sono situazioni o luoghi preclusi alla presenza e alla testimonianza cristiana. La testimonianza che Gesù ci chiede non è chiusa, è aperta, dipende da noi”.
Se siamo convinti che Dio è un Padre buono e misericordioso, e quindi se siamo orgogliosi della fiducia piena che egli ripone in noi!
Mt 25, 14-30 | Carlo Miglietta 37 kB 5 downloads
MEDITAZIONE SUL VANGELO DI DOMENICA 19 NOVEMBRE 2023 – MATTEO 25,14-30 …Il commento alle letture della domenica a cura di Carlo Miglietta, biblista; il suo sito è “Buona Bibbia a tutti“.