Le parole di Gesù nel Vangelo di oggi suonano durissime, ma sono il segreto che ci aiuta a vivere la vita come qualcosa di unico e di prezioso:
“Come avvenne al tempo di Noè, così sarà nei giorni del Figlio dell’uomo: mangiavano, bevevano, si ammogliavano e si maritavano, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca e venne il diluvio e li fece perire tutti”.
La memoria della morte o è un’angoscia paralizzante o un profondo esercizio di realtà. Infatti se ciascuno di noi cominciasse a pensare ad esempio che gli rimane solo un anno di vita, farebbe delle scelte ben precise.
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E allo stesso tempo se pensasse che manchino solo sei mesi, ne farebbe altre ancora più essenziali, e così via fino a pensare che alla fine ci è dato sapere che abbiamo tempo solo oggi, e che nessuno ci dice che domani saremo ancora vivi.
La memoria sana della morte rende irripetibile ogni istante della vita. Ogni bacio sarebbe dato come unico. Ogni abbraccio sarebbe dato come unico. Ogni torto sarebbe più facilmente perdonato, perché davanti alla possibilità della morte quanti avrebbero ancora il coraggio di mantenere il punto per questioni francamente banali?
Ovviamente tutto questo può sembrare eccessivamente esagerato, ma esasperare un punto di vista ci serve a capire la verità di fondo di una questione. Infatti bisognerebbe portare sempre fino alle estreme conseguenze i nostri ragionamenti e le nostre scelte. È nelle estreme conseguenze che si capisce il vero valore di qualcosa.
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«Vi dico: in quella notte due si troveranno in un letto: l’uno verrà preso e l’altro lasciato; due donne staranno a macinare nello stesso luogo: l’una verrà presa e l’altra lasciata».
Tutto è sempre cinquanta e cinquanta. Non solo la possibilità di essere presi o lasciati, ma la possibilità che una malattia ci renda persone migliori o persone peggiori. Che un amore ci renda meno egoisti o più possessivi.
Che un dono venga usato per il bene o per il male. Ogni cosa di questa vita è sempre racchiusa nel cinquanta e cinquanta.
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Autore: don Luigi Maria Epicoco
Commento al brano del Vangelo di: ✝ Lc 17,26-37
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