mons. Giuseppe Mani – Commento al Vangelo di domenica 22 Ottobre 2023

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Cesare e Dio

La risposta di Gesù ai suoi avversari a prima vista dovrebbe scioccarci. In effetti sembra  separare la religione della vita e quella del potere. C’è un tempo per occuparci di Dio e un tempo per vivere l’esistenza umana. Non è tutto uscito da Lui per ritornare a Lui? Anche il peccato che separa da Lui serve a riportarci a lui (tutto ciò che passa dalla Croce). Tutto ciò che decidiamo e facciamo ci rapporta a lui o ci allontana da Lui. E la richiesta di Cesare non  sfugge ad una richiesta di Dio.

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Questo deve essere affermato con forza per comprendere il testo che abbiamo dinanzi.  Viste da vicino: la domanda posta a Gesù  e la sua risposta seguono due itinerari diversi. Due schemi. Una specie di introduzione ai due  sono le parole “Tu sei sempre vero e insegni la verità di Dio senza lasciarti influenzare….. “.

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Questa affermazione iniziale indiscutibile per l’evangelista,  come per noi, ordina tutto quel che segue. E’ come se uno dicesse “per la bocca di Gesù è Dio che parla” A partire da questo, tutto cambia.  Nel primo schema, quello degli avversari c’è Dio al sommo: un Dio che detta una condotta: Dio ordina di pagare le imposte o vieta di pagarle?. Al punto di arrivo c’è Cesare solo. Tra i  due non c’è altro che l’imposta da pagare o, giustamente , la formula impersonale “è permesso?”

Abbiamo Dio, l’imposta e Cesare.  Nella risposta di Gesù c’è Dio al sommo. Non soltanto Gesù insegna la via di Dio ma è “la via”. Al punto di arrivo dei due personaggi ci sono gli interlocutori, ciò che appare “Rendete” che nella questione erano assenti al dibattito. “E’ permesso?”. L’imperativo “rendete “ è simmetrico  a pagare. Rendete è altra cosa che pagare: gli interlocutori non sono all’origine  della moneta delle imposte, non sono all0rigine del dono di Dio.

Chi deve decidere cosa è di Cesare e cosa è di Dio  sono gli interlocutori stessi: “Rendete”. Questi uomini reclamano una legge e sono rinviati al loro giudizio, alla loro libertà. Praticamente questa gente chiede a Gesù se deve stare col popolo o essere soggetta ai romani di cui usa la moneta. Chiedono di dare una legge precisa pagare o evadere le tasse?

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Siamo arrivati così all’applicazione della Parola di Gesù  al nostro caso. Il cristiano deve pagare le tasse o no? Siamo più precisi: non pagare le tasse è peccato o no? Le tasse non fanno parte della legge di Dio ma della legge dello stato  che purtroppo raramente corrisponde alla legge di Dio, per cui evadere di pagare le tasse è sicuramente “reato” perseguibile dagli organi di stato o consociati ma non è detto che sia sempre peccato. I peccati si fanno con la coscienza non con la legge. Chi ritenesse di non poter pagare le tasse, pur riconoscendone il dovere civile, perché  deve tutelare dei valori, scegliere tra pagare le tasse o dare lo stipendio ai propri operai o salvare il loro lavoro , non è sicuramente un evasore e pur facendo un reato per la legge dello stato  non commette nessun peccato perché non va contro la legge di Dio che gli ha parlato attraverso la sua coscienza.

Eppure ci sono ancora coloro che vorrebbero che la morale cristiana fosse un elenco di doveri , sono molti il cristiani dell’Antico Testamento, dice San Tommaso, cristiani che chiederebbero a Gesù di fare il contrario di ciò per cui è venuto: rivelare col suo modo di essere  che Dio è il liberatore della libertà dell’uomo. Si chiederebbe che si facesse editore di una legge, di farsi dominatore invece che servitore, di ridurre l’uomo ad una obbedienza puerile.

Spetta all’uomo scegliere ciò che bisogna o non bisogna fare per scegliere ciò che è “vero, giusto e buono” ed economizzare così la propria libertà.

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