Il dono decisivo della perseveranza
Tante cose possono ostacolare la sequela di Gesù anche quando si è ricevuta la grazia della sua chiamata. La prima tentazione è quella nemmeno di compiere un peccato specifico ma quella del demonio di togliere direttamente Dio, la fiducia nella sua Parola. A quel punto l’uomo da solo è inerme, senza aiuti e riferimenti rispetto al cammino da seguire.
Il cammino con la grazia di Gesù aiuta a distinguere la sua voce da tante voci fasulle interiori ed esterne: ansie, timori, ferite, schemi, ignoranze… Poi Gesù evidenzia un dono fondamentale per il cammino: la grazia di perseverare. Quando si segue a lungo Gesù solo a corrente alternata si fanno mille diverse superficiali buche invece di farne una sempre più profonda.
La perseveranza permette di lasciarsi portare nell’abisso della fede perché il continuare, certo tenendo conto di prove e stanchezze, il cammino anche senza percepire risposte, orienta ad aprire sempre più il cuore alla fiducia in Dio, all’unione con lui. Allora non sono emozioni a confortare e a sostenere ma grazie dal cielo che non erano immaginabili.
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Nel deserto non vi è da mangiare, da bere, e avanzando ci si allontana dal paese, dove vi era tutto questo. Mosè esorta il popolo dell’esodo ad andare ancora avanti e comincia a scaturire acqua dalla roccia, pane e carne dal cielo. La perseveranza nella sequela è una grazia immensa che porta verso la terra promessa.
È sulla perseveranza che può incontrare difficoltà decisive il cammino appunto perché si dovrebbe andare ancora avanti senza sentire, senza vedere, solo portati dalla luce nel cuore che, anche oltre certe oscurità, esorta a tale percorso. Si tratta dunque di tappe di spogliamento da attaccamenti e sicurezze terrene per entrare nella fiducia nuda, non supportata da emozioni, ragionamenti, altri beni solo terreni, in Dio.
Allora il cuore viene spalancato dalla grazia e fiumi di essa possono scorrere nel cuore. Si tratta dunque di perseveranza nella crescita, nel crescere della speranza nel mirabolante sempre nuovo venire di Dio. Non di una perseveranza che si trasforma in abitudine statica e routinaria, senza un continuo rinnovamento del cuore.
Per gentile concessione di don Giampaolo Centofanti dal suo blog.