Il Vangelo di questa XXIII domenica del tempo ordinario è tratto dal discorso ecclesiale di Matteo (cap. 18) e si concentra sul tema della correzione fraterna.
I versetti evangelici che precedono immediatamente e seguono la pericope proposta in questa domenica sono un aiuto per comprendere le modalità e lo spirito con le quali affrontare questa difficile arte.
Le istruzioni riguardanti la correzione del fratello che sbaglia sono infatti precedute dalla parabola della pecora smarrita, che narra la sollecitudine di Dio nei confronti dell’uomo peccatore, e sono seguite dalla domanda di Pietro e dall’ammonimento di Gesù sul perdono illimitato.
Questa cornice è fondamentale e ci invita a tenere fisso lo sguardo su Gesù, colui che ci ha riconciliato con Dio Padre e che ha affidato a noi suoi discepoli la parola della riconciliazione.
La modalità per recuperare colui che ha sbagliato viene presentata in tre fasi: inizialmente è attuata da un singolo membro della comunità (v. 15), poi con l’aiuto di due o tre testimoni (v.16) e infine con il coinvolgimento di tutta la comunità (v. 17). «Se non ascolterà neanche la comunità , sia per te come il pagano e il pubblicano» dice Gesù. Questa affermazione potrebbe suonare come una condanna senza appello se non sapessimo quanto il Signore sia stato accogliente e libero verso queste categorie di persone disprezzate dai suoi correligionari.
Se il singolo, la comunità non possono incidere in alcune situazione di errore, di colpevolezza, non c’è giustificazione al giudizio o alla condanna ma rimane aperta la via dell’affidamento a Dio, della preghiera di intercessione fatta insieme nella potenza del nome di Gesù.
Questi versetti del vangelo delineano un percorso di attenzione all’altro, di franchezza, di pazienza e di fiducia, di discrezione e delicatezza che ci sembra molto arduo da realizzare ma che esprime il tenace amore che Dio nutre per ciascuno di noi.
Verrebbe da pensare che la conversione del fratello e della sorella che sbaglia debba essere preceduta da quella di chi corregge, il quale riconoscendosi destinatario della infinita misericordia del Padre non può che allontanarsi da una posizione di presunta superiorità morale o spirituale per farsi operatore di verità e amore in quella mitezza e umiltà che Gesù ha incarnato e ci ha indicato.
Sr Miriam – Monastero santa Chiara – Lovere
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