La Parola incarnata nella vita la trasforma
Giovedì della XXII settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Colossési Col 1,9-14
Ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del Figlio del suo amore.
Fratelli, dal giorno in cui ne fummo informati, non cessiamo di pregare per voi e di chiedere che abbiate piena conoscenza della sua volontà, con ogni sapienza e intelligenza spirituale, perché possiate comportarvi in maniera degna del Signore, per piacergli in tutto, portando frutto in ogni opera buona e crescendo nella conoscenza di Dio.
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Resi forti di ogni fortezza secondo la potenza della sua gloria, per essere perseveranti e magnanimi in tutto, ringraziate con gioia il Padre che vi ha resi capaci di partecipare alla sorte dei santi nella luce.
È lui che ci ha liberati dal potere delle tenebre
e ci ha trasferiti nel regno del Figlio del suo amore,
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per mezzo del quale abbiamo la redenzione,
il perdono dei peccati.
La preghiera, sorgente dell’agire seguendo la propria coscienza.
Al ringraziamento segue la preghiera di supplica che Paolo rivolge a Dio a favore dei Colossesi. L’apostolo esercita il suo ministero non solo attraverso la predicazione ma anche mediante la preghiera, soprattutto quella di intercessione con la quale intende sostenere il cammino di fede di quella comunità.
In tal modo suggerisce ai Colossesi di rendere più forte la loro fede e maggiormente perseverante la pratica dell’amore fraterno mediante la preghiera. L’eucaristia, infatti, è la fonte e il culmine della vita cristiana. Dalla preghiera del rendimento di grazie il cristiano riceve lo Spirito Santo che illumina la mente per conoscere la volontà di Dio, infonde sapienza nel cuore per discernere il bene dal male e orienta la coscienza ad agire con la libertà di chi ama con sincerità d’animo.
+ Dal Vangelo secondo Lc 5,1-11
Lasciarono tutto e lo seguirono.
In quel tempo, mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di Gennèsaret, vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca.
Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare.
Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore». Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini».
E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.
E andava predicando nelle sinagoghe della Giudea.
La Parola incarnata nella vita la trasforma
La parola di Dio viene proclamata ovunque, dalla sinagoga alla casa, fino alle sponde del lago di Gennesarèt e la sua potenza si manifesta in ogni ambito della vita: segna l’esperienza religiosa, s’inserisce nelle dinamiche affettive fino ad interessare anche l’aspetto lavorativo. Nulla di ciò che appartiene alla vita dell’uomo è estraneo alla fede.
Quella che può sembrare un’invasione di campo in realtà è il tentativo di Dio di riscattarci dalle schiavitù della rassegnazione e dai sensi di colpa ben rappresentate dalle barche vuote mosse dallo sciabordio delle acque e dalle reti ripulite degli inutili scarti di una pesca andata male. Barca e reti diventano simbolo dell’esperienza in cui misuriamo le nostre forze, trovandole insufficienti, e ci scontriamo con i nostri limiti. Feriti dalle delusioni non di rado la vita ci appare inutile e vuota di senso.
Eppure, Gesù si serve proprio di ciò che a noi appare inutile per offrire il suo insegnamento. Noi non siamo solo strumenti attraverso cui Dio parla ma siamo anche quelli a cui Dio parla perché la sua parola possa trasformarci. Non si tratta di un semplice cambiamento di facciata o di divisa ma della conversione del cuore. Simone e i suoi compagni non sono chiamati a cambiare lavoro ma a cambiare modo di lavorare.
La Parola di Dio non stravolge la vita, ma opera un cambiamento nel modo di vivere a condizione che Essa sia accolta da un cuore umile e fiducioso. L’umiltà di Simone si rivela nella confessione della sua indegnità ma ancor di più nel fidarsi di Gesù e seguirlo nel cammino. Non si tratta più di sfidare il mare con la barca e guadagnarsi la vita confidando nei propri mezzi, ma di andare per le strade del mondo seguendo Gesù e fidandosi di lui.
La consapevolezza della propria inaffidabilità, in quanto peccatore, non trattiene Simone che rinnova invece il suo sì a Gesù con un secondo atto di coraggio e di fede, lasciando tutto e seguendolo. Quando la parola di Gesù appare più credibile della nostra inaffidabilità allora diventiamo veramente liberi perché non più dipendenti dalle paure ma spinti dalla forza dell’amore di Dio che ci precede e ci accompagna.
Commento a cura di don Pasquale Giordano
Vicario episcopale per l’evangelizzazione e la catechesi e direttore del Centro di Spiritualità biblica a Matera
Fonte – il blog di don Pasquale “Tu hai Parole di vita eterna“