Guadagnare visibilità
I social hanno creato una generalizzata e illusoria percezione della propria visibilità. Lo stesso concetto di influencer, purtroppo esibito persino come modello, induce, soprattutto i giovani, a mettere in atto qualunque strategia pur di attirare l’attenzione del pubblico. Si entra così talvolta in una vertigine di comportamento irresponsabile o spregiudicato pur di ottenere questa visibilità.
Il cambiamento d’epoca è evidente, perché non si tratta più di cercare di acquisire delle competenze o di valorizzare delle risorse, ma soltanto di cercare delle modalità per attirare l’attenzione e guadagnare una certa considerazione.
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Questa dinamica è diventata la cifra del nostro tempo e rappresenta emblematicamente tutte quelle situazioni della vita in cui siamo disposti a fare qualunque cosa pur di ottenere sicurezza economica e sociale, pur di guadagnare l’approvazione e magari una collocazione che ci possa assicurare prestigio e ammirazione.
Il prezzo della coscienza
Dal momento che questi comportamenti sono caratterizzati proprio dall’approvazione collettiva, è difficile che chi li persegue percepisca il peso della coscienza. L’obiettivo di guadagnare il mondo, cercando di conquistare sempre più spazio, annebbia lo sguardo. Di solito, chi persegue questo obiettivo, accetta ricatti e compromessi, diventando in realtà schiavo di se stesso. Per quanto la questione molto spesso non interessi a coloro che mettono in atto questi comportamenti, il perseguimento della visibilità, del successo e del prestigio a ogni costo non è certamente la strada che avvicina a Dio.
Guadagnare o perdere?
Nel Vangelo di questa domenica le parole di Gesù mettono chiaramente in contrapposizione la brama di guadagnare il mondo e la disponibilità a perdere la propria vita. La via che avvicina a Dio è perdita per fare spazio a Lui. Perdere la vita significa sprecare il proprio amore senza pretendere il contraccambio, l’applauso o la gratificazione. Perdere la propria vita significa servire umilmente e in silenzio senza cercare visibilità e riconoscimenti. Perdere la propria vita è donare il proprio tempo e le proprie risorse solo perché si crede nell’amore.
La strada che avvicina a Dio infatti è solo quella che ripercorre il cammino di Cristo: bisogna soffrire a causa degli uomini, morire e poi risorgere. Chi non è disposto a entrare in questa dinamica non diventa mai discepolo di Cristo. Si soffre a causa degli uomini quando si dice la verità, quando si accettano le ingiuste umiliazioni, quando non si scalpita per emergere.
Stare dietro
Molti cristiani del nostro tempo vorrebbero tenere insieme queste dinamiche umane di ricerca del successo e della visibilità e la relazione con Dio. Hanno lo stesso atteggiamento di Pietro: vogliono insegnare a Dio come si vive. Pietro si è messo davanti a Gesù, vorrebbe decidere lui la strada. Gesù gli ricorda però che il discepolo è colui che cammina dietro al maestro, perché deve imparare ad andare anche per quelle strade dove, da solo, non avrebbe deciso di andare. È Gesù che indica la strada da percorrere, non Pietro.
Visibilità o discrezione?
Quando Pietro, come l’uomo di oggi, si mette davanti a Dio, diventa scandalo, cioè ostacolo, perché impedisce al Vangelo di indicare la strada. Il Vangelo infatti parla di discrezione e di sacrificio: quando Gesù percepisce forme di glorificazione umana nei suoi confronti, si ritira in luoghi solitari, e quando in un villaggio la gente vorrebbe trattenerlo, dice ai discepoli di passare oltre.
La vendita dell’io
Mettersi dietro al maestro significa dunque rinnegare se stessi, cioè mettere da parte il proprio io con le sue velleità, la sua autoreferenzialità, il suo narcisismo ipertrofico. È un atteggiamento che oggi diventa sempre più raro e difficile, perché viviamo in una cultura che spinge, al contrario, a metterci al centro e propone come modelli idolatrici esattamente coloro che fanno del loro io un prodotto da vendere.
L’io o la croce
Gesù chiede al discepolo di mettere da parte il proprio io perché è l’unico modo per fare spazio alla croce. Solo chi si spoglia del proprio io può prendere la croce ogni giorno. La croce non è qui la sventura che talvolta potrebbe caderci addosso, ma è la logica del Vangelo, il modo di pensare di Gesù. Più perdiamo un po’ del nostro io, più saremo capaci di fare spazio alla logica del Vangelo come criterio delle nostre scelte.
Se seguiamo solo il nostro io, godremo forse per un po’ dell’approvazione del mondo, ma Dio non ci sarà nella nostra vita. Se accetteremo di perdere il nostro io, forse non ci sarà l’apprezzamento del mondo, che magari avremmo pure meritato, ma avremo guadagnato la comunione con Dio. In effetti si tratta semplicemente di preferenze!
Leggersi dentro
- Sei uno che cerca visibilità e apprezzamento a ogni costo?
- Preferisci la visibilità del mondo o la relazione con Dio?
per gentile concessione di P. Gaetano Piccolo S.I.
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