Commento al Vangelo del 3 Settembre 2023 – Piccole Suore della Sacra Famiglia

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PRENDERE LA CROCE

XXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO A – MATTEO 16,21-27

In quel tempo 21. Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno.

La liturgia di questa domenica ci invita a riflettere sulle esigenze del discepolato.

Gesù si trova a Cesarea di Filippo, territorio pagano per eccellenza. Gesù annuncia ai suoi discepoli che il suo cammino di fedeltà lo porta ad affrontare il rifiuto, la passione, il dolore, la croce, la morte. Mentre ne parla, comunica la sua sofferenza intima per quanto sta per capitargli. Afferma che poi risusciterà.

Tutto questo avverrà a Gerusalemme, città regale. Gesù, come discendente di Davide, deve realizzare proprio a Gerusalemme la sua missione. Per salire sul trono di Davide, deve patire, come successe a Davide stesso, con la differenza che quest’ultimo non subì una morte violenta, mentre Gesù salirà sul trono soffrendo.

In quanto profeta perseguitato (quindi più di Davide), Gesù deve spargere il suo sangue (come il Servo sofferente di Isaia). Realizza in questo modo il suo essere Messia.

  • Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo dicendo: «Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai».

Pietro rivela la sua incapacità di comprendere la portata delle parole di Gesù e si sente l’autorità di rimproverarlo, come si fa con un bambino che dice cose sbagliate. Vorrebbe che Gesù si facesse valere, compisse opere strabilianti, utilizzasse la sua autorità.

Cristo, invece, si mette dalla parte degli ultimi, dei disprezzati, dei torturati, degli uccisi dall’odio di uomini senza scrupoli, che sfogano contro il prossimo l’incapacità di amare. Egli è l’Amore che vincerà, il Bene che trionferà, la Vita che risorge.

  • Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!».

Gesù chiarisce che non è Pietro il Maestro. Pietro non ha l’autorità di insegnare a Gesù come comportarsi. Gesù redarguisce Pietro e gli intima di stare al suo posto, di porsi dietro a lui, non davanti a lui; di essere discepolo, non guida. Non è Pietro a dirigere Gesù, ma viceversa. Il cammino di dolore che attende il Cristo deve essere accettato e non minimizzato o disatteso o cambiato.

Pietro, da pietra, fondamento solido su cui appoggiare la Chiesa, diventa satan, colui che fa inciampare, quindi pietra di inciampo, che impedisce la realizzazione della volontà di salvezza del Padre. Il carattere focoso di Pietro si manifesta sia nel bene che nel male: tanto è stato capace di fare un’aperta professione di fede nel Maestro, Signore e Dio, tanto ora gli vuole impedire di affrontare il percorso doloroso che gli sta davanti.

Il fondamento della Chiesa non è una persona umana, ma è Cristo stesso. Accettare che la sua persona sia di scandalo per chi non crede e che sia scomoda per chi crede, è condizione indispensabile per dirci davvero suoi seguaci.

  • Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua.

Cristo non ci chiede di buttare via i talenti che lui ci ha dato, mortificarci, ma liberarci da una visione egocentrica che ci fa sentire al centro del mondo. La nostra realizzazione sta nel dono. Solo se diamo amore ci arricchiamo, mentre se tratteniamo per noi stessi ci impoveriamo.

“Prendere la croce” significa accettare di prendere, di abbracciare, non di subire, la sofferenza del vivere, in modo attivo e responsabile. Il motivo è l’amore, per cui prendere la croce significa prendere il giogo dell’amore, perché sappiamo di aver trovato l’Amore con la A maiuscola, che dà senso a tutto ciò che viviamo. Per Cristo, con Cristo e in Cristo saremo tabernacoli e ostensori della Sua presenza nel mondo.

I Romani erano soliti giustiziare i condannati a morte in modo barbaro e atroce, godendo dello spettacolo del dolore e degli spasimi mortali altrui. Prima della crocifissione, il condannato doveva portarsi in spalla il proprio strumento di supplizio per scherno e umiliazione. Tutte queste cose Gesù le sa perché le ha viste subire da altri e conosce bene quanto dolore lo attende. Tuttavia Egli prende la croce, non la rifiuta, non la scansa, non torna indietro. Rimane fedele alla sua volontà di adempiere la missione che il Padre gli ha affidato. Così chiede che faccia anche ogni persona che voglia seguire il suo esempio.

Cosa scegliamo? La potenza, la violenza, la supremazia, la sopraffazione, l’esaltazione del mondo o l’amore, il perdono, la donazione fino alle estreme conseguenze, in vista di una felicità piena, da ora e per sempre?

  • Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà.

Il paradosso di perdere la vita per trovarla ha senso perché la gioia che deriva dalla sofferenza accettata e offerta per amore ripaga di ogni tortura e strazio. Solo sapendo di aver trovato il Tesoro possiamo accettare la sofferenza della prova. Colui che ha trovato il tesoro non piange perché dà via tutti i suoi beni, ma gioisce perché sa ciò che ha conquistato.

  • Infatti quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita? O che cosa un uomo potrà dare in cambio della propria vita?

La logica cristiana è un paradosso: perdere per trovare. Nel deserto Gesù è stato tentato di guadagnare il mondo intero perdendo la propria divinità. In questo versetto Egli ricorda che è necessario superare la tentazione di utilizzare per il proprio tornaconto la posizione acquisita o il servizio che siamo chiamati a prestare. Egli stesso fino all’ultimo ha dovuto superare la tentazione di salvarsi da solo e di farsi valere. Consideriamo spesso questa possibilità che Gesù non ha utilizzato. Saremo così più capaci di essere fedeli ai nostri impegni in ogni ambito.

Non essendo padroni di noi stessi non possiamo disporre della nostra vita, cambiarla, volgerla a nostro piacimento, anche se avessimo tutte le ricchezze del mondo. Tutto è passeggero. Rimane solo la fedeltà della nostra risposta all’amore di Dio.

  • Perché il Figlio dell’uomo sta per venire nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e allora renderà a ciascuno secondo le sue azioni.

Ciò che Gesù ci richiede è di seguirlo, costi quello che costi. Egli, nel momento del giudizio, ci “renderà secondo le nostre azioni”. Non possiamo salvarci da soli, né sono le nostre opere che ci salvano. Dobbiamo abbandonarci alla misericordia di Dio e collaborare con Lui a rendere migliore il mondo in cui ci troviamo a vivere.

Chiediamo la grazia di accogliere Cristo, di compartecipare alla sua sofferenza, di associarci alla sua passione. Tutto il resto passa, ma rimane il suo Amore, Crocifisso per noi, e il nostro amore, crocifisso per Lui. Se con Lui perseveriamo, con Lui anche regneremo ed entreremo nella gloria del Cielo.

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PRENDERE LA CROCE XXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO A – MATTEO 16,21-27 …

Suor Emanuela Biasiolo delle Piccole Suore della Sacra Famiglia