“gli porrò sulla spalla la chiave di Davide, se egli apre, nessuno chiuderà…”. Il profeta Isaia legge un evento avvenuto al tempo del re Ezechia: il re sostituisce un dignitario di corte che non era stato affidabile e ad un altro affida le chiavi: sono il simbolo di autorità e colui a cui sono affidate è chiamato a rendere conto e ad esercitare una funzione di responsabilità con giustizia, ad essere custode del popolo: “sarà un padre per gli abitanti di Gerusalemme e per il casato di Giuda”.
Tale riferimento è ripreso nel vangelo di Matteo (16,19) nel dialogo tra Gesù e Pietro in cui Gesù affida a Pietro un compito nella comunità: “a te darò le chiavi del regno dei cieli… “.
Questo gesto è posto nel quadro del dialogo tra Gesù e i discepoli che al centro ha la domanda: ‘La gente chi dice che sia il figlio dell’uomo?’ È Simon Pietro a rispondere: ‘Tu sei il Cristo, il figlio del Dio vivente’. Riconosce così che Gesù è messia e in lui vede un rapporto unico con il Padre. Pietro però deve riconoscere che tale sguardo è un dono che gli viene dall’alto, dovrà scoprire che il suo rapporto con Gesù non è frutto di sua capacità o potere, ma unicamente dono. E solo a questo punto Gesù affida a lui un compito in rapporto alla comunità: lo indica come roccia (Kefa) su cui la comunità è edificata. La base su cui vive la comunità di Gesù è il dono di vita e rivelazione del Padre, che apre a rimanere nella attesa e nell’abbandono a lui. È affidamento di una responsabilità.
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Pietro dovrà anche comprendere che non è sufficiente conoscere qualcosa di Gesù: la domanda ‘voi chi dite che io sia?’ richiede di intraprendere un cammino. E’ invito a conoscere Gesù non nella definizione di una identità teorica, ma in un coinvolgimento della vita, nel seguirlo sulla via da lui percorsa. Pietro fatica ad accettare tutto questo, anzi si ribella. La sua idea di messia è quella di una figura che comanda e si impone con un potere.
Gesù invece non è un messia che intende avere un dominio: la sua via è la fedeltà al Padre, la via del dono e della debolezza fino alla croce e per questo incontrerà la sofferenza e la morte. Qui si innesta la simbologia di legare e sciogliere. A Pietro non è affidato un potere da tenere come privilegio ma è chiamato a tenere vivo il senso di questo dono: dovrà custodire la consapevolezza del dono del Padre e seguire Gesù come suo testimone: e così dovrà fare la comunità insieme con lui.
Il vangelo di Matteo pone particolare attenzione alla comunità che segue Gesù e la indica come ‘convocazione’ / chiesa. Nella vita di questa comunità si dovrà ‘legare e sciogliere’. E’ questa la funzione di interpretare nelle diverse situazioni ciò che si deve tenere e ciò che si deve lasciare. E’ il faticoso percorso di discernimento e di scelta, che tutti coinvolge nella comunità insieme. Nella comunità sarà necessario continuare lo sforzo di accogliere la volontà di Dio interrogandosi nel cammino e cercando quale è la volontà di Dio in rapporto alla via seguita da Gesù.
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Nel libro dell’Apocalisse nella sezione delle lettere alle chiese si legge: “All’angelo della chiesa di Filadelfia scrivi: Così parla il Santo, il Verace, colui che ha la chiave di Davide: quando egli apre nessuno chiude e quando chiude nessuno apre” (Ap 3,7-13). Il versetto di Isaia è richiamato in rapporto a Gesù Risorto. E’ lui il vivente che guida le comunità disperse con la sua parola. E’ il Messia Colui che ha la chiave di Davide ed è una chiave che apre percorsi di vita.
Fonte: il sito di don Alessandro Cortesi
p. Alessandro Cortesi op
Sono un frate domenicano. Docente di teologia presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose ‘santa Caterina da Siena’ a Firenze. Direttore del Centro Espaces ‘Giorgio La Pira’ a Pistoia.
Socio fondatore Fondazione La Pira – Firenze.