Enzo Bianchi – Commento al Vangelo del 20 Agosto 2023

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La fede di una donna pagana

Ancora una volta Gesù “si ritira uscendo” (exelthòn … anechóresen). Lascia il luogo in cui si trova e si dirige verso i territori di Tiro e Sidone, fuori dai confini della terra santa d’Israele. Perché? Molte sono le cause di questo prendere le distanze dalle folle che lo seguivano, dai luoghi nei quali avvenivano controversie con farisei e sadducei. È un’ora di svolta nella vita di Gesù, che ha iniziato a soffrire i malintesi creatisi con la folla, la quale mostra di attendere da lui ciò che egli non può darle.

Gesù vede inoltre crescere sempre più il rifiuto della sua persona, e la prospettiva di un rigetto, fino alla persecuzione violenta, si fa sempre più vicina. Solitudine, silenzio e preghiera sono dunque per Gesù dimensioni essenziali per il suo ascolto del Padre e per il discernimento della sua vocazione alla luce delle sante Scritture, al fine di inoltrarsi in quel cammino che lo conduce verso un esodo pasquale (cf. Lc 9,31), ma al caro prezzo della croce. Accade così anche al discepolo, lo voglia o meno; accade a ciascuno di noi, tutti attesi da ore di prova, di tentazione e di sofferenza…

E proprio su questo tragitto di presa di distanza dalla terra di Israele e dai suoi abitanti, i figli di Israele, ecco che Gesù viene chiamato a intervenire da una donna residente in quei territori impuri, ritenuti dagli ebrei luoghi di perdizione e di tenebra, perché abitati da idolatri che non conoscevano il Dio vivente, il Dio di Israele. Egli riceve una chiamata che diviene un incontro con una donna anonima, della quale è messa in evidenza la qualità di straniera e dunque di pagana, di non figlia di Israele, in quanto cananea. I vangeli testimoniano che Gesù ha incontrato anche gli stranieri, i gojim, i pagani (cf. Mc 5,1-20 e par.; 7,31-8,10), e tra essi anche questa donna.

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È noto che nella cultura religiosa del tempo era ritenuto sconveniente per un rabbi l’incontro con una donna, ma ancor di più con una straniera. Nel caso specifico, Marco si compiace di aggiungere che questa donna non solo è greca, ma anche di origine etnica pagana, in quanto proveniente dalla Siria e dalla Fenicia (cf. Mc 7,26): assomma in sé le etnie pagane circostanti Israele, non è figlia di Israele né per provenienza né per cultura. Ella non crede nel Dio di Israele, per gli ebrei è un’idolatra. Eppure, avendo sentito parlare di Gesù, anche fuori di Israele, ha un moto di fiducia verso di lui: è un uomo affidabile!

Gesù si è appena ritirato in quei territori di Tiro e Sidone, fuori della terra santa, dove ha avuto una controversia con scribi e farisei venuti da Gerusalemme (cf. Mt 15,1-9), ma proprio qui riceve una preghiera. Ha scelto di restare in incognito, ma neppure in terra straniera ciò è possibile per lui: ormai è troppo famoso… Ed ecco, questa donna che ha una figlioletta con uno spirito impuro viene a interrompere il suo ritiro. Costei grida, urla in modo ossessivo, come un cane, ma Gesù non la sente, non le presta ascolto e non le risponde, perché non sopporta di essere letto semplicemente come un guaritore, uno che fa miracoli.

Allora i discepoli, infastiditi da quelle grida, gli chiedono di esaudirla, come unico mezzo per farla tacere. Quelle grida esprimono forse una fede, visto che la donna straniera chiama Gesù “Signore (Kýrios), figlio di David”, assumendo la devozione giudaica nei confronti del Messia? Comunque, quella donna si getta ai suoi piedi, in posizione di supplica e di riconoscimento della grandezza di Gesù, e lo prega di scacciare il demonio presente in sua figlia. È una richiesta che esprime la sofferenza e l’impotenza di questa madre di fronte alla vita della figlioletta così minacciata dall’azione del demonio, che si manifesta anche attraverso la malattia psichica.

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Gesù ha lasciato la folla per non predicare né curare, ha preso le distanze dal suo comportamento abituale per poter pensare e pregare, ma è inaspettatamente sollecitato a intervenire. Chi lo prega è una donna, una straniera, e Gesù le risponde manifestandole la sua obbedienza al piano del Padre che lo ha inviato. C’è “prima” (prôton: Mc 7,27) un servizio da compiere presso i giudei, presso il popolo di Dio a cui è stato inviato –espresso da Matteo addirittura in termini esclusivi: “Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa di Israele” –, e solo successivamente ci sarà un tempo in cui potranno essere destinatari del suo ministero anche i pagani. Gesù lo esprime ricorrendo a un’immagine che spiega il suo rifiuto: si devono saziare prima i figli, cioè i figli di Israele, poi i cagnolini, cioè i pagani (“cani” era un termine dispregiativo con cui gli ebrei indicavano le genti: cf. Mt 7,6; Fil 3,2; Ap 22,15).

Di fronte al rifiuto di Gesù, la donna si sente delusa, ma resiste, non si scoraggia e, ribaltando l’immagine dei cagnolini a suo vantaggio, replica: “Signore, anche i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni”. È una donna libera, che pensa, e con le sue parole fa cambiare l’atteggiamento di Gesù! Non è risentita per il rifiuto scoraggiante oppostole in prima battuta da Gesù, che resta per lei un uomo affidabile, ma lo porta – per così dire – a “ragionare”. Potremmo dire che riesce a “convertire” Gesù, il quale, volendo restare nei confini fissati alla sua missione dall’economia di salvezza, non avrebbe voluto né predicare ai pagani né portare loro cura e guarigione.

Gesù è dunque convinto da questa donna, si piega di fronte a questa volontà femminile e a questa insistenza, ritorna sulle sue parole, cambia il suo proposito e anticipa quello che accadrà dopo la resurrezione. In qualche misura, vi è qui un parallelo all’episodio di Cana nel quarto vangelo, dove la madre di Gesù, dopo un suo rifiuto, con la propria fede ottiene un’anticipazione dell’ora nuziale del Messia Gesù (cf. Gv 2,1-11).

Qui Gesù si sente vinto e, possiamo immaginare non senza soddisfazione e gioia interiore, la esaudisce: “Donna, avvenga per te come desideri”. Ovvero: “Per questa tua parola detta con intelligenza e parrhesía, con la libertà di chi sente di poter dire il vero, il demonio è stato vinto e tua figlia è liberata dal male”. Ma questa parola della donna significa anche molto di più, perché è rivelazione per Gesù della sua missione (cf. Mt 11,25). E Gesù mostra di saper accogliere la rivelazione dell’opera di Dio anche da parte di una donna, per di più non appartenente al popolo di Dio.

In questo racconto la protagonista è e resta la donna straniera, è lei che con la sua parola fa apparire il Vangelo, la buona notizia che Gesù porta con sé, perché è proprio lui la buona notizia per eccellenza, il Vangelo (cf. Mc 8,35; 10,29). Questa donna pagana sa di aver diritto, come ogni essere umano, alla misericordia di Dio eccedente la Legge; per questo invoca Gesù affinché egli renda evidente l’infinita misericordia del Padre, che va oltre quella degli scribi e dei farisei (cf. Mt 5,20), che non può essere esclusiva, cioè limitata a Israele e negata alle genti, all’umanità. Ma nella redazione di Matteo vi è un ulteriore particolare decisivo nelle parole di Gesù, che fa precedere l’esaudimento dalla constatazione: “Donna, grande è la tua fede!”.

È la fede della donna che ha fatto cambiare atteggiamento a Gesù, il quale si è sentito in dovere di esaudirla e di attestarle: “La tua volontà sia fatta!”. Le parole di questa donna, inoltre, concludono il precedente insegnamento di Gesù sul puro e sull’impuro (cf. Mt 15,10-20) e preparano la moltiplicazione dei pani in terra straniera narrata subito dopo (cf. Mt 15,32-39), quando il pane sarà per tutti, condiviso tra giudei e pagani, e la tavola della comunione sarà aperta a tutti. Gesù ha riconosciuto la fede in un atto di fiducia e ha fatto cadere il muro di separazione tra le genti e Israele (cf. Ef 2,14)!

Sì, qui è una donna, peraltro una pagana, che rende evento il Vangelo! Detto altrimenti, attraverso l’immagine dei cagnolini – o meglio dei cani domestici – la donna spezza il confine ideologico e indica una possibile realtà da salvare. Ciò che qui avviene è “il miracolo dell’incontro. A causa di questo incontro decisivo Gesù inaugura una nuova fase: questa pagana mette ‘al mondo’ Gesù, gli fa scoprire l’universalità della sua missione” (Élian Cuvillier). Non possiamo non mettere in evidenza come per Gesù l’incontro con un’altra persona è vero nella misura in cui non solo egli cambia chi incontra, ma subisce anche un cambiamento in se stesso proprio a causa dell’incontro.

Gesù si sente un ebreo, un figlio di Israele, appartenente al popolo delle promesse e delle benedizioni, al quale è destinata in primo luogo la sua missione. E tuttavia sa anche che la storia della salvezza riguarda tutta l’umanità e che l’ascolto della sofferenza dell’altro, un ascolto mai escludente, fa parte della sua identità di Servo del Signore che si addossa fragilità e malattie delle moltitudini (rabbim; cf. Mt 8,17 e Is 53,4). Ecco la non chiusura di Gesù, la non rigidità della sua missione, l’atteggiamento di apertura verso l’altro, chiunque sia.

Per gentile concessione dal blog di Enzo Bianchi