Nel Vangelo odierno sono molte le immagini che suggeriscono una riflessione e un ascolto non superficiale. Gesù ha appena compiuto un segno evidente della sua divinità e sa che questo può essere interpretato in modo distorto, attraverso scorciatoie di comodo, come una possibile e facile soluzione dei nostri problemi. Quello che Gesù vuole comunicarci è dunque qualcosa che ci aiuti a leggere correttamente la sua presenza e la sua opera.
L’invito a un nuovo “approdo” (L’altra riva) ci dice che il segno non è punto di arrivo ma di partenza per un cammino di incontro autentico con il Signore della vita. Anche Gesù si prende un tempo di solitudine e preghiera, come per ascoltare quale sia la via da percorrere dopo questo “successo” con le folle. Ci sono poi diversi elementi della natura che costituiscono il contesto in cui un nuovo segno sta per essere posto: la solitudine (di Gesù sul monte e dei discepoli senza Gesù nel mare), la sera e il buio, le acque e il vento contrario.
Gesù camminando sulle acque si rivela Signore di tutte queste potenze avverse capace, in ogni situazione, di “camminare verso i suoi discepoli” e anche desideroso di farlo. Abbiamo da poco celebrato la festa di santa Chiara e la sua vita ci dice che ha sempre creduto e sperimentato che il Signore, anche nelle avversità è stato per lei e le sorelle “Dio vicino”, fino ad affermare sul letto di morte “Va’ sicura e in pace anima mia benedetta perché avrai buona scorta nel viaggio, perché Colui che ti creò, anche ti santificò … e sempre ti ha guardata come una madre il figlio suo piccolino che ama”. Questa certezza può essere un grande aiuto nelle ineliminabili avversità della vita e viene, come vedremo nel resto del testo, solo dalla fede.
Prima di incontrare la fede e l’incredulità di Pietro, come di ciascuno di noi, vediamo che l’atteggiamento dei discepoli, ancora determinati dalla natura, è quello di salvare se stessi e quindi della paura: paura del mare, del vento e di questo “fantasma” che viene verso di loro…
Questo ci suggerisce che dobbiamo fare i conti con la paura e che la paura ci impedisce di vedere e valutare chiaramente le situazioni; infatti il loro desiderio è la salvezza, ma rischiano di temere proprio Colui che la vuole e la può donare loro. “Coraggio, sono io, non abbiate paura!” le parole di Gesù arrivano a “curare” la nostra paura.
Prima l’incoraggiamento, poi la rivelazione (io Sono) e quindi l’invito alla speranza e alla fiducia. Come sempre la Parola compie ciò che dice, in particolare e in modo paradigmatico nel cuore di Pietro: egli passa dalla paura alla fiducia e vuole mostrarla con un atto di sfida al vento e al mare: Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque …
Quello che accade ci indica con chiarezza che anche la fede ha sempre bisogno di purificazione: qui Pietro ha fede infatti riesce a camminare sulle acque, ma la sua fede ha un orizzonte molto piccolo e viene meno molto in fretta (come il seme che cresce tra i cespugli) lasciando spazio al dubitare. C’è un modo di dubitare che apre alla ricerca e alla scoperta del volto di Dio, ma anche un altro che mette in forse la Sua affidabilità e fedeltà, è quello alla radice del peccato originale e per questo fa subito affondare Pietro, perché impedisce, recide, la relazione con Dio.
La salvezza non è impedita da questa mancanza di fede ma solo “ritardata”, infatti possiamo sempre – in ogni distanza e perdizione- gridare: Signore, salvami! Sperimentando la sua disponibilità a prenderci di nuovo per mano. E’ in questa relazione di fiducia e consegna che possiamo raggiungere sempre nuove “rive”, attraversando la tempesta e sperimentando che Egli è davvero, oggi e sempre, il Figlio di Dio.
sr.Cristiana
Monastero di Leivi
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