don Giacomo Falco Brini – Commento al Vangelo di domenica 6 Agosto 2023

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LA VITA È METAMORFOSI

Nella festa della trasfigurazione di Gesù noi celebriamo un anticipo della nostra umanità divinizzata. È la festa della nostra umanità ritrovata in tutta la sua bellezza, persa a causa dell’antico peccato. Gesù decide di portare in disparte tre dei suoi discepoli (Mt 17,1). Se vogliamo riscoprire la nostra più profonda e autentica umanità, se vogliamo ritrovare la nostra vera bellezza (perché Dio, che è bellezza, non può che creare bellezza), nella vita dobbiamo decidere di lasciarci portare da Lui. Dobbiamo fidarci di Lui.

Abbiamo bisogno di trovare il tempo di stare in disparte con Lui. Solo nella preghiera, che è conversare con Gesù, rientriamo in noi stessi e possiamo vedere, con gli occhi del cuore, l’invisibile: ovvero, veder risplendere la conoscenza della gloria divina che rifulge sul volto di Cristo (2Cor 4,6). Il centro della vita cristiana è la conoscenza reale e progressiva di Cristo Gesù.

Se davvero viviamo questo dinamismo di conoscenza, allora avverrà quanto Paolo aggiunge, dicendo che a viso scoperto, riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore, veniamo trasformati in quella medesima immagine, di gloria in gloria, secondo l’azione dello Spirito del Signore (2Cor 3,18). La visione di tutta la bellezza di Gesù, donata solo per qualche istante a Pietro, Giacomo e Giovanni, è un dono che Dio vuol fare a noi per tutta l’eternità.

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Di fronte alla visione di qualcosa di bello l’uomo dice: “che bello!” Stando alla presenza di qualcosa di bello, l’uomo sta bene con sé stesso, con la natura e con gli altri, e vorrebbe prolungare nello spazio e nel tempo questo stato d’animo. Normalmente, per prolungarlo, pensa che debba fare qualcosa. Signore, è bello per noi essere qui. Se vuoi, farò qui tre capanne…” (Mt 17,4) Questo proposito è qualcosa di istintivo, di primordiale.

Invece Dio indica qualcos’altro: questi è il Figlio mio… ascoltatelo (Mt 17,5). Notate bene: la voce di Dio interviene mentre Pietro stava ancora parlando. La strada per entrare nella contemplazione del volto di Dio in Gesù Cristo non è quella del parlare o del fare, ma quella dell’ascoltare, ovvero del pregare: perché una vera preghiera nasce dall’ascolto del parlare di Dio. Non che l’operare o il parlare dell’uomo non serva a niente, giammai! Però, ricordate cosa successe un giorno a casa dei suoi amici Lazzaro, Marta e Maria? 

Maria, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola (Lc 10,39). La voce di Dio proveniente da quella nube luminosa, “atterrisce”, nel senso più stretto della parola, i tre discepoli per la paura (Mt 17,6). Quando ci accorgiamo di essere alla presenza di Dio, noi avvertiamo subito la nostra verità. Siamo fatti di terra, siamo fragili come la terra. I nostri occhi, se Dio non ci parla, sono curvi su noi stessi, incapaci di guardare in alto. Ma Dio, in Gesù Cristo, si è avvicinato ad ogni uomo per toccarlo e dirgli: alzatevi e non temete (Mt 17,7).

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Cosa sia stata la trasfigurazione di Gesù, è difficile esprimerlo, per l’evangelista che non ha trovato altre parole che paragonare il suo volto al sole e le sue vesti alla luce, come per i tre apostoli che hanno assistito e poi tramandato secondo gli ordini del Signore (Mt 17,9).

Anche per chi oggi commenta il vangelo come me, non è dato trasmettere esattamente questa esperienza. Ciò che appare chiaro è che la parola di Dio è il principio che da forma e bellezza al nostro corpo: chi ascolta la sua parola diventa come Gesù, perché accoglie il seme che genera secondo la sua specie, cioè la natura divina (1Pt 1,23 e 2Pt 1,4). La nostra trasfigurazione allora comincia quando invece di pensare e ascoltare noi stessi, cominciamo ad ascoltare e pensare a Lui. La nostra trasfigurazione è un’opera di Dio, che agisce in noi quanto più gli diamo autorità e libertà sulla nostra vita.

Matteo colloca questo episodio della vita di Cristo dopo sei giorni (Mt 17,1): è il settimo giorno, indicazione temporale che ha un altissimo significato teologico. Il fine della creazione non è la sua fine. Il suo destino non è la “sfigurazione” creata dalla morte, ma la sua trasfigurazione. Non solo noi, ma tutto il creato è destinato ad assumere la forma del Figlio di Dio. È la forma dell’amore capace di cambiare ogni storia segnata dal peccato. In Dio dunque, la nostra vita è bella, è bello esserci, come dice Pietro a nome di tutti.

Ma altrove, dove Dio è messo alla porta e rifiutato, la vita è brutta, oppressiva e senza senso, in balia dei capricci egoistici dell’uomo.  


AUTORE: d. Giacomo Falco Brini
FONTE: PREDICATELO SUI TETTI