“Ricevete senza lamentarvi / collaborate con il destino” dice un’antica sentenza.
La zizzania esiste e si mescola col grano. Il male c’è, lo facciamo e lo subiamo. È dentro e fuori di noi.
Ma in fondo, cos’è il male? Forse qualcosa di necessario? O è male ciò che in qualche modo tocca il mio io, i miei progetti, le mie aspettative, ciò che si mette di traverso al mio desiderio di realizzazione?
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“Lasciate che la zizzania cresca col grano” dice Gesù.
La vita è una. Accoglila tutta, non a pezzi.
Amati tutta/o non a pezzi.
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Accogli la vita per come accade, non come vorresti accadesse. “Ducunt volentem fata, nolentem trahunt” – diceva Seneca. Il fato se lo accogli ti conduce dolcemente, ma se ti opponi, ti trascina comunque con sé con forza.
Se c’impuntiamo a dirigere la vita in una certa direzione creiamo solo resistenza, e ci affatichiamo invano. Non è questione di capitolare dinanzi a una tremenda predestinazione, quanto di continuare ad agire, ma dentro la cornice delle circostanze, fare né più né meno che quello che le circostanze consentono di fare.
Tutto è Uno e noi in questo Uno siamo povertà in via di compimento. Fragili e perfettibili. Terra impastata di cielo. Paradiso infernale.
Il cristianesimo non è l’esperienza di coloro che ce la fanno, ma esperire un Amore di cui siamo impastati.
«Bisogna accettare tutto, ogni cosa, senza eccezione alcuna, in sé e fuori di sé, in tutto l’universo, con lo stesso grado di amore; ma il male in quanto male, il bene in quanto bene». (S. Weil, Cahiers, II)
Per gentile concessione di don Paolo Scquizzato