padre Giovanni Vannucci – Commento al Vangelo per domenica 23 Luglio 2023

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XVI TEMPO ORDINARIO Anno A – Sap 12,13.16-19; Sal 85; Rm 8,26-27; Mt 13,24-43 

La ZIZZANIA e il GRANO 

Giovanni Vannucci, «La zizzania e il grano», 16a domenica del tempo ordinario, Anno A; in Risveglio della coscienza, 1a ed.  Centro studi ecumenici Giovanni XXIII, Sotto il Monte (BG) ed. CENS, Milano 1984; Pag. 134-136. 

Il seme del regno di Dio non chiede che di  germinare, il dovere dell’uomo è quello di non  porre ostacolo alla crescita; trarre il bene anche dal  male è pensiero e operazione di Dio. 

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Una delle parabole del Buddha è analoga a  quella della zizzania, riportata in Matteo 13, 24-43,  e può esserci utile a comprenderne il senso.  

«Quando Dio creò l’uomo, il diavolo ne ebbe  grande invidia, volle gareggiare con lui creando un  altro uomo che fosse migliore di quello creato da  Dio. Ma Dio aveva consumato tutta la materia, il  diavolo fu costretto a cercare qualcos’altro per il  suo capolavoro. Dopo aver cercato a lungo non  trovò che un mucchietto di sterco d’asino: con  esso plasmò una figura umana, l’intonacò con  della calce, cercò di animarla soffiandovi il suo  alito, come aveva fatto il creatore. Una volta  animata portò il suo manufatto in mezzo agli  uomini; questi ultimi rimasero stupiti perché, pur  essendo simile a loro, lo trovavano diverso senza  riuscire a capirne la differenza. Essendo opera del  diavolo, era maligno, sciocco e chiacchierone; gli  uomini si lagnarono con Dio, il quale sorrise e  disse: “Aspettate la pioggia”. Venne la pioggia e  l’opera del diavolo si disfece e fu di concime alla  terra. Siccome ci sono molti asini, continuò il  Buddha, il diavolo continua a fabbricare i suoi  uomini i quali, pur essendo simili agli uomini di  Dio, non reggono alla pioggia e sono destinati  inesorabilmente a concimare la terra; Dio riprende  sempre ogni materia perché sua e lascia al diavolo  il suo fiato». 

La parabola della zizzania e quella buddhista dello  sterco d’asino s’integrano a vicenda; nell’una e  nell’altra traluce quella serena bonomia di chi  misura il corso delle cose non ad anni ma a  millenni, non ha nessuna agitata impazienza di  fronte alle opere del maligno, consapevole che la  farina del diavolo va tutta in crusca, è questione di  tempo; il credente è chiamato a preoccuparsi delle  cose permanenti. La sapienza divina, essendo eterna, si contrappone alla povera conoscenza  dell’uomo che è legata al tempo. 

«Vuoi che andiamo a togliere la  zizzania?», domandano gli operai al padrone. La  risposta è perentoria: «No! Togliendo la zizzania  rischiate di sradicare anche il grano!». Agli  uomini, che si agitano per l’opera del nemico, il  padrone risponde semplicemente: «Aspettate che  piova»; appena caduta la pioggia la creazione del  diavolo si decompose e servì a concimare il  campo. Noi abbiamo sempre, regolarmente, una  tremenda premura di far giustizia, di moralizzare  perché il male sia sradicato, le ombre dissipate e  trionfi la luce; in questo nostro zelo estirpiamo il  grano insieme alla zizzania. Dio sa invece  attendere, conosce il suo seme e conosce il seme  del nemico. Non ha il nostro zelo frettoloso, lascia  che l’uno cresca insieme all’altro sino alla  mietitura, poi la zizzania servirà da combustibile  sotto la pentola dei mietitori e il grano verrà riposto  nel granaio.Spesso il malvagio cresce accanto al  giusto, e non si può sradicare l’uno senza sradicare  l’altro. A fianco dell’uomo di Dio prospera l’uomo  del nemico e, colpire quest’ultimo, potrebbe  significare colpire il primo. Dio comanda di aspettare la pioggia, ed è  questa che deciderà sulla natura reale dei due.  L’uomo di Dio, sotto l’onda della tribolazione che  lo purifica, si rafforza e risplende. Il malvagio,  come la creazione del diavolo, si scioglie e servirà  da concime alla terra. La zizzania e il grano si nutrono di una  stessa linfa sopra lo stesso terreno, ma la prima  farà fuoco sotto le pentole, il secondo verrà riposto  nel granaio.  

Se Dio punisse l’uomo ogni volta che  pecca, dovrebbe ricompensarlo ogni volta che agisce bene. Dio non fa né l’una, né l’altra cosa,  ma attende l’ora della mietitura, l’ora cioè in cui la  zizzania e il grano potranno essere colti insieme e  diversamente destinati. Nulla andrà comunque  perduto, tutto servirà: il grano nel granaio, la  zizzania nel fuoco. Il bene aumenterà il tesoro del  bene, il male ardendo contribuirà suo malgrado  alla sua stessa liberazione. 

Considerando l’insegnamento più accuratamente e portando il campo della riflessione dal  piano generale della storia a quello della nostra  specifica persona, dal campo dell’umanità a quello  del nostro io individuale, scopriamo che nella  nostra zolla coesistono grano e zizzania, bene e  male, virtù e vizio, merito e demerito. 

L’atteggiamento ordinario che assumiamo  di fronte alle forze oscure, alla zizzania che è in  ognuno di noi, è quello degli operai: vuoi che  estirpiamo la zizzania? La risposta del Padrone è  l’invito a non aver fretta, a pensare al grano che in  noi deve maturare e la cui maturazione deciderà  del destino della zizzania. La nuova parola  d’ordine è quella di non estirpare le ombre, i germi  del nemico tenebroso, di integrare in una unità  superiore l’angelo luminoso che posa sulla nostra  spalla destra con l’angelo oscuro che posa sulla  nostra spalla sinistra.Ognuno di noi ha la sua zizzania, la sua  ombra; se non vengono illuminate da una lucida  coscienza, se vengono esorcizzate, represse,  affrontate con spirito manicheo, tanto più si  radicheranno e si faranno dense. Se esse fossero  decisamente il male, non ci sarebbe problema. Ma  la zizzania, l’ombra sono qualcosa di immaturo, di  primitivo, di imbarazzante, ma non il male in sé.  Contengono delle qualità inferiori, puerili, che  potrebbero render più bella e più viva l’umana esistenza; saranno il fuoco che scalda la pentola e  le cui ceneri concimano la terra della parabola  evangelica, lo sterco della parabola buddhista. 

Questa necessità di integrazione condurrà  l’uomo verso un nuovo eroismo, non più quello del  superuomo puritano che tutto giudica, tutto  moralizza, ma quello del rifiuto della eteronomia  del male, della proiezione del male su un capro  espiatorio, lo guiderà verso l’etica dell’abbandono  deliberato di ogni dualismo.  

La zizzania non può essere estirpata, è  falciata insieme al grano, il seme viene vagliato.  La zizzania bruciando diventa terra e, ad opera del  fuoco, può divenire grano!

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