Tutto era cominciato un bel giorno quando li aveva chiamati perché stessero con lui (3,14). E lo stare con lui non era finalizzato a un rapporto compiaciuto con il Signore. Lo stare con lui era finalizzato a diventare consapevoli del disegno del Padre sulla storia e perciò a farsi carico della propria responsabilità nei confronti del mondo. Ecco perché, cominciò a inviarli a due a due.
E i discepoli sono figura della Chiesa, di questa nostra comunità cristiana chiamata ad essere il prolungamento di Cristo in questa terra e in questa storia. Tutti, nessuno escluso, in forza del Battesimo e dello Spirito Santo che abbiamo ricevuto, siamo abilitati a parlare in nome del vangelo.
Viene anche per noi il tempo dell’andare. E l’invito è a camminare, a uscire in spazi aperti, a passarsi la voce perché nessuno venga escluso dalla tavola della vita. Chiamati a far rivivere la Chiesa dell’in principio. Quella Chiesa che viveva forte la consapevolezza che annunciare il Regno di Dio non significava uno statico possesso di terre ma il vivere il dinamismo delle relazioni; che viveva forte la consapevolezza che il vangelo non è l’insieme di norme ma fermento capace di toccare la vita e trasformarla.
Gesù non sogna anzitutto una Chiesa come un’organizzazione solida che si riconosce attorno ad una gerarchia costituita e radicata in un certo territorio. Non pensa ad una Chiesa come un complesso di strutture rigide e immodificabili. Ai discepoli, allora, a noi, oggi, consegna il suo desiderio di una Chiesa diversa, fatta di uomini e donne capaci di vivere l’esperienza della fraternità: cominciò a inviarli a due a due. In due si può vivere la relazione e sperimentare la comunione come prima forma di annuncio e di testimonianza. L’andare non consiste in un fare per gli altri ma in una relazione aperta all’accoglienza di chiunque si incrocia sul cammino.
La relazione con l’altro è già in se stessa atto di salvezza perché capace di trasformare la vita.
È il movimento ciò che caratterizza il gruppo dei discepoli e questo movimento si invera negli incontri reali con la gente, nello scambio vivo delle esperienze di vita.
Un andare senza mezzi perché il mezzo è già messaggio. Non a caso Gesù non consegna un discorso da proferire che abbia già in sé il peso di un’autorità ma uno stile da assumere, perché l’inviato non è tanto colui che dice parole ispirate ma colui che ha i modi del Signore (Didachè XI,8). Non basta una Chiesa per i poveri: è necessario sempre di più plasmare una Chiesa povera. Non discepoli cappellani di corte, ma uomini e donne capaci di essere segni dello stile di Dio.
L’andare senza mezzi, perciò, significa attestare che la missione non è, anzitutto conquista di anime, ma il segno del Dio che viene nella storia e viene con segni poveri.
Un andare che non è mai un porsi contro qualcuno anche qualora gli inviati dovessero essere rifiutati. A carico dei destinatari che dovessero rifiutare resta solo un po’ di polvere. Nient’altro. Non minacce, non violenza, non desideri di vendetta. Solo un po’ di polvere.
Gli apostoli sono messi in guardia circa l’ambiguità degli uomini: “guardatevi dagli uomini”. Chi conosce un po’ il suo cuore sa quali abissi di ambiguità lo abitino talvolta: un bene desiderato e riconosciuto e, tuttavia, non perseguito, una voglia di riscatto intravista e puntualmente lasciata cadere. Sulla scorta della propria personale esperienza, gli apostoli non devono temere che avvengano scandali e tanto meno che si possa essere non solo rifiutati ma addirittura odiati. Di fatto, il rifiuto e l’odio, ancor prima che una colpa per chi li mette in atto, sono per gli apostoli un vero e proprio esodo in cui emerge ciò che ognuno porta nel cuore: solo se il cuore è radicato altrove è possibile non cedere e perseverare.
Non poche volte il timore di avventurarsi sembra avere la meglio sulla fiducia che pure dovrebbe pervenire dalla presenza di un Dio che ha scelto di farsi compagno di viaggio. Per questo risuona con più forza l’invito da parte di Gesù: ‘Non preoccupatevi…’. Non ci sono mai situazioni che Dio non possa condividere con noi, non ci sono realtà in cui egli non scelga di accompagnarci. Per questo, bando ad ogni forma di allarmismo. La fiducia degli inviati non risiede nella facilità del percorso e neppure su una supposta abilità: essa è riposta solo nella certezza di una compagnia, quella di Dio, che non viene mai meno, neppure nella valle più tenebrosa.
Prudenti e semplici… Come i serpenti ancorati alla concretezza della terra, come le colombe capaci di frequentare orizzonti più ampi. Guardare alla terra con consapevolezza e, perciò, con realismo proprio come il serpente che, conoscendo il suo territorio si muove con disinvoltura e sviluppando una forte sensibilità di percezione. Come colombe, ossia non perdendo mai la visione delle cose che si può godere guardando dall’alto e non assolutizzando il particolare a discapito dell’insieme.