Tutto sta andando male: Giovanni il battista è in carcere; Corazin e Betsaida non si convertono alla predicazione del rabbi di Nazareth; in Galilea cresce il malessere sociale. E Gesù cosa fa? Se ne esce con un’esclamazione di gioia. E nel vangelo parallelo, Luca afferma che addirittura Gesù ‘danza di gioia’.
Il dolore che proviamo non deriva tanto dalle cose che ci accadono, ma dall’interpretazione che ne facciamo.
I ‘piccoli’ cui Gesù fa riferimento sono coloro che della vita provano tutte le fatiche e le ferite, ma hanno occhi in grado di vedere anche ‘altro’, e più in profondità. Loro ‘sanno’ che per quanto radicale possa essere il male esso non è cosi profondo come il bene.
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Nel vangelo di Tommaso si legge: «Gesù ha detto: Il vegliardo non esiterà ad interrogare il bambino di sette giorni sul Luogo della Vita e vivrà. Molti dei primi saranno ultimi e saranno Uno».
Il bambino non vive nella ‘dualità’, egli è sempre e totalmente presente nel qui ed ora. Come in un tempo e uno spazio sospesi. Basta guardarlo quando gioca. Egli è uno nell’Uno. Conserva il volto dell’eternità, immerso e identificato nella Sorgente. Nel Luogo della vita.
Siamo chiamati ‘a diventare come bambini’, a stare in contatto con la nostra natura autentica, il nostro vero Sé, scoprirci ‘divini’ e quindi consapevoli che le avversità che possiamo vivere, i drammi esistenziali saranno comunque sempre ‘penultimi’ rispetto all’ultima e fondante realtà che siamo. Che è da sempre e per sempre. E riguarderanno perciò la nostra forma espressiva in questo mondo e non la nostra essenza.
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E poi ci sono i ‘sapienti e i dotti’ ovvero gli inconsapevoli, i distratti, coloro che dormono il sonno della coscienza. Per questi tutto ciò che accade è proprio ‘tutto – e solo – ciò che accade’. L’ultima parola sull’umana avventura. Quelli che confondono ‘il serpente con la corda’, e quindi nell’ignoranza vivono di paura.
Occorre prendere sul serio la gioia di Gesù; egli come questi piccoli ha sperimentato la sua Verità profonda che è propria di ciascuno, e grazie a questa ha sperimentato una profonda libertà, soprattutto quella dalla paura della morte.
Per gentile concessione di don Paolo Scquizzato