Dopo tanto tempo, dopo tanti insegnamenti, Gesù si interroga su chi pensa la gente che sia lui, cosa hanno capito di lui. Poi interroga i suoi, i discepoli, e con loro ci interroghiamo anche noi.
Chi è Cristo per me senza considerare l’opinione dell’altro? A prescindere da tutto quello che già sappiamo, che abbiamo imparato al catechismo, che relazione abbiamo creato con lui?
Essere cristiani infatti non vuol dire credere in un’idea, una teoria o una morale, essere cristiani significa amare una persona, Gesù. E questo significa credere innanzitutto che egli sia stato una persona come noi, in carne e ossa e storicamente esistente. Allo stesso tempo credere significa riconoscere che egli è Dio, simile a noi ma diverso da noi. E infine, riconosciuto il volto di Dio in Gesù, credere è ascoltare Dio, farsi interrogare e rispondergli, andando a cercare il volto di Gesù in chi ci sta accanto. Quindi, se dovessimo riassumerlo in poche parole, il nostro percorso di fede è essenzialmente rispondere alla domanda “Voi chi dite che io sia?”.
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E in questo brano vediamo Pietro rispondere e venire premiato: riconoscere Gesù è una beatitudine: “Beato sei tu, Simone”. Ma il premio non è tanto per aver risposto secondo verità, ma secondo la fede, aver riconosciuto che Gesù è il figlio di Dio. Su questa consapevolezza si fonda la fede, e quella della Chiesa: “Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa”.
Per riflettere
Chi è Gesù per noi? Che ruolo ricopre: amico, fratello, sposo, Padre? Riusciamo a vivere con lui una relazione simile alle altre o condividiamo con lui solo lo stretto necessario? E come cambia la nostra vita l’avere una relazione con Gesù?
✝️ Commento al brano del Vangelo di: ✝ Mt 16,13-19
FONTE: Ascolta e Medita – Centro Pastorale per l’Evangelizzazione e la Catechesi