La sofferenza del giusto
Nelle vite dei santi troviamo un tema ricorrente: spesso, durante la vita, sono stai accusati ingiustamente, si sono ritrovati soli e incompresi. Tuttavia, se oggi sono riconosciuti come santi, vuol dire che in qualche modo hanno ricevuto giustizia, sia pure dopo la morte.
Ci sono però nella storia anche coloro che, senza ricevere mai il giusto riconoscimento, hanno sofferto in silenzio e hanno conservato nel cuore la certezza della propria innocenza. Penso a tutti coloro che forse anche in questo momento vivono il dramma di accuse infamanti, e tante volte false, e ne portano con coraggio il peso. Questa grazia di rimanere in silenzio, percorrendo un calvario di mortificazioni, mantenendo lo sguardo sull’alba della risurrezione e cercando dentro di sé il la forza del perdono sono le caratteristiche di una santità discreta e invisibile. È difficile infatti sopportare l’insulto se non c’è nel profondo una motivazione che spinge a tacere, è necessario un tu per amore del quale sopportiamo l’offesa: «Per te io sopporto l’insulto» (Sal 68,8).
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Una vita di prove
La possibilità della santità è costantemente davanti a noi, perché è il cammino stesso della vita che inevitabilmente ci mette alla prova. Le parole che ritroviamo nel testo del profeta Geremia (Ger 20,10-13) non sono insolite, ma costituiscono i tratti frequenti della vita di ogni uomo: la calunnia, la caduta che tutti aspettano, l’inganno di cui siamo vittime, la vendetta di chi prova invidia davanti al nostro successo. Quale vita non conosce questo vocabolario? Eppure è il modo in cui stiamo dentro queste prove che fa venir fuori quello che siamo.
Le parole del profeta Geremia esprimono una speranza e una fiducia che nella vita non sempre trovano immediata conferma: non sempre i persecutori vacillano e arrossiscono (cf Ger 20,11), anzi molte volte fioriscono e prosperano. La fede non è mai un deposito sicuro, non si traduce in certezza, ma ha sempre i tratti dell’incompletezza, ci spinge a cercare sempre oltre, ci tiene in movimento, non ci acquieta. Se abbiamo fede in Gesù Cristo, crediamo che la grazia si è riversata in abbondanza su tutti, dentro quindi ci siamo anche noi (cf Rm 5,15). Dio non può abbandonarci!
Prendere posizione
Gesù presenta ai suoi discepoli la vita come un’alternativa tra opposizioni tra cui scegliere: nascondere o svelare? Mantenere segreto o far conoscere? Tenebre o luce? Sussurrare all’orecchio o gridare sulle terrazze? Anche in questo caso si tratta infatti di venir fuori e prendere posizione nelle tensioni della vita.
Le parole che leggiamo in questi versetti del cap. 10 di Matteo fanno parte infatti del discorso che Gesù rivolge ai discepoli prima di mandarli in missione: la vita si presenta così, come alternative tra cui scegliere.
Mettersi davanti a queste alternative è un test ideale per verificare quello che ci portiamo nel cuore. Come infatti ricorda sant’Ignazio negli Esercizi spirituali al numero 326: «Così pure il demonio si comporta come un frivolo corteggiatore che vuole rimanere nascosto e non essere scoperto». L’inganno peggiore è quello che mettiamo in atto con noi stessi, quando non abbiamo il coraggio di riconoscere il vero motivo delle nostre bugie, dei rancori, della brama di vendetta, delle gelosie che ci rodono dentro. Il demonio ci porta a fingere con noi stessi e a nascondere a noi stessi le vere ragioni del nostro comportamento.
Dove allora dobbiamo cominciare a fare luce? Non nella vita degli altri, come spesso un’ossessione pruriginosa ci spinge a fare, ma innanzitutto nel nostro cuore!
Rimanere nell’impotenza
I santi sono quelli che hanno imparato che oltre al corpo c’è anche un’anima: oltre a quella carne che inevitabilmente rimane ferita nel cammino in mezzo alle spine della quotidianità, c’è anche un nucleo più profondo, che rimane intoccabile. È il luogo della verità dove Dio ci incontra. È quello che solo il Signore vede e conosce. Ed è lì che si gioca la partita più importante, dove cioè possiamo arrivare a negare Dio o a riconoscerlo come Signore della nostra vita nonostante le prove, le fatiche e le umiliazioni.
Molte volte non possiamo fare altro che rimanere nell’impotenza, ma è proprio in questa fragilità che possiamo fare esperienza della grazia di Dio: siamo come passeri venduti per un soldo sul mercato della vita, dove quello che conta sono gli intrighi, le strategie, le amicizie giuste, le menzogne e le raccomandazioni…ma possiamo scegliere di metterci sotto uno sguardo diverso. Davanti a Dio nessuna vita è inutile, nessuna persona è senza valore. Le critiche e le ingiuste umiliazioni rischiano talvolta di farci perdere la stima verso noi stessi: ed è proprio lì che il Nemico vuole portarci, vuole farci credere che la nostra vita non serva a niente. La voce di Dio è ben diversa e ci ricorda invece che nel suo cuore noi abbiamo sempre un posto di figli amati. È a questa certezza che dobbiamo aggrapparci per non scivolare nel vortice del male.
Leggersi dentro
– Come ti sentiresti se oggi fosse svelato quello che ti porti nel cuore?
– Come reagisci davanti alle ingiuste umiliazioni?
per gentile concessione di P. Gaetano Piccolo S.I.
Fonte