Laura Paladino – Commento al Vangelo del 18 Giugno 2023

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Amati, chiamati per nome, inviati

Dopo le Solennità che seguono il Tempo pasquale, in cui abbiamo meditato la grazia di essere inabitati da Dio Trinità e nutriti dal Corpo e Sangue Santissimi di Gesù, il Cristo, Maestro e Signore, riprendiamo la sequenza delle domeniche del Tempo ordinario con questa Domenica XI, dedicata alla costituzione del Collegio Apostolico (Vangelo, Matteo 9,36 – 10,8).

Matteo colloca l’elezione dei Dodici, nel contesto del gruppo dei discepoli (9,37), al capitolo 10, dopo il Battesimo (3,15-17), le Tentazioni (4,1-11), il primo grande Discorso del Maestro pronunciato davanti alla folla «sul monte», luogo teologico (5- 7), alcuni miracoli (8-9). Le vocazioni dei singoli, già in parte raccontate (4,18-22; 9,9), hanno segnato l’ingresso nella comunità, ove matura, al tempo opportuno, la chiamata a una missione particolare.

Marco, nel passo parallelo (3,14-15), ci dice che Gesù «istituì i Dodici perché stessero con Lui e per mandarli a predicare col potere di scacciare i demoni»: nessun carisma può fiorire senza “stare” alla sequela del signore, che per primo ci ha guardati e benedetti col Dono della Vita (Genesi 1), ci ha scelti e ha pensato per noi, dal principio, la speciale vocazione che abbiamo accolto a tempo opportuno; in essa, ogni giorno, rinnoviamo il nostro “sì” e doniamo «nella gioia», pur tra difficoltà e tentazioni, la nostra esistenza.

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Il Vangelo di Matteo, “il Vangelo del Regno e della Chiesa”, attento a illuminare il Mistero del Popolo di Dio accompagnato dai suoi Pastori, stabiliti dal Cristo, pone un forte accento sulla chiamata e l’invio missionario dei Dodici e ne rivela la ragione profonda: Gesù «guardando le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore». Egli solo è il Pastore (Giovanni 10) e noi tutti «siamo suoi, suo popolo e gregge del suo pascolo» (Salmo 99, Responsorio); lo muove a «compassione» un grande amore, definito, nel testo greco, con il termine che descrive l’utero materno e che nell’Antico Testamento, con il suo corrispondente ebraico, sempre indica la misericordia di Dio per i suoi figli. […]

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