✝️ Commento al brano del Vangelo di: ✝ Mt 5,20-26
Disinnescare. La mia rabbia, il mio disprezzo, le sentenze che sono capace di emettere sono parole armate e puntate contro chi mi sta di fronte. Con l’unico obiettivo di allontanarlo, di ferirlo, di non permettergli di farmi del male. Perché certo, se ne avesse l’occasione non farebbe lo stesso? Dimentico il suo nome sotto gli appellativi entro cui lo ingabbio. Dimentico la sua storia, le sue motivazioni, le sue fragilità, di averlo mai incontrato. Non voglio vedere lo specchio che mi rimanda. Non lo ri-conosco come fratello. Non basta una legge che impone di non togliere la vita, sono tanti, troppi, i modi di toglierla, di disporre della vita altrui.
Cosa c’è dietro la nostra rabbia? All’origine di questa insofferenza, di questa difficoltà ad accogliere chi ho davanti? Non esiste una prigione peggiore della rabbia usata male, in modo distruttivo. Del dovermi continuamente guardare le spalle. È un conto che non si smette mai di pagare. Mi fermo e ascolto con Te questa rabbia, e piano piano sciogli questo groviglio che pesa. La Tua voce mi sussurra: «Di cosa hai paura?». Mi disarma.
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Offro questo oggi al tuo altare, Signore. Consegno il mio orgoglio, rinuncio all’idea di dover stabilire un confine chiaro tra chi ha torto e chi ha ragione, tra chi ha dato di più e chi meno, perché non importa. Ripeto il Tuo nome e quello di mio fratello come fossero lo stesso, cosa santa, “altro”. Gli corro incontro. Corro a parlarci. A bassa voce, perché il suo cuore possa sentirmi, anche in quello che non riesco a dire.
Caterina Bruno
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato