✝️ Commento al brano del Vangelo di: ✝ Mc 12,38-44
Il gusto di passeggiare vestiti in abiti che mostrino tutta la nostra dignità e il nostro valore; il piacere di essere salutati e riconosciuti; la voglia di essere invitati e considerati importanti… Chi potrebbe difendersi dall’accusa di essere almeno un po’ “fariseo”? Forse ciò che Gesù condanna non è il bisogno di riconoscimento e affermazione, ma lo sfrenato senso di competizione (“i primi posti”) e la doppiezza falsa di chi non è buono ma lo sembra soltanto («divorano le case delle vedove»). Il primo passo per liberarci di questa ipocrisia consiste nel riconoscere che in un certo senso “ci siamo dentro fino al collo”.
Non siamo esseri angelicati a cui importa solamente rispettare i propri principi e servire Dio: il giudizio di chi abbiamo attorno ci influenza profondamente, e come esseri umani abbiamo bisogno dello sguardo dell’altro. Riconoscere questo è la prima esigenza della vera umiltà, che non è un “non darsi arie” o “considerarsi meno di quel che si è”, ma semplicemente aderire sempre e fino in fondo alla realtà.
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In ogni caso, spesso non siamo al livello delle aspettative. La simpatia profonda che a Gesù nasce per questa vedova mi aiuta a guardare con simpatia tutti i momenti meno ricchi e meno efficaci della mia vita: nella logica assurda di Dio, quei due spiccioli che do nella mia indigenza valgono molto più dei grandi successi che riesco a raggiungere nei momenti in cui sono al top.
A volte confondiamo Dio con un allenatore che ci impone un irraggiungibile livello di generosità e auto-abnegazione, o con un manager assetato di risultati… ma al Signore interessano poco numeri e obiettivi raggiunti, guarda solo il nostro affidarci. Quando ci ritroviamo con due spiccioli, giocarceli tutti significa riconoscere quando radicalmente dipendiamo da lui e dagli altri.
Harambet
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato