p. Ermes Ronchi – Commento al Vangelo di domenica 11 Giugno 2023

1268

Il Corpo di Cristo «lievito di vita»

✝️ Commento al brano del Vangelo di:  ✝ Gv 6,51-58 – Corpus Domini

Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».«Ricordati del cammino», sussurra la prima Lettura. Ricordati! Perché l’oblio è la radice di tutti i mali. Ricorda il deserto e il monte, il vento delle piste, la bellezza dell’anima affaticata dal richiamo di cose lontane. E poi la manna scesa all’improvviso, quando non l’aspettavi più.Ricordati del tuo deserto tra scorpioni e serpenti, ma soprattutto dell’acqua giunta sotto forma di una risposta, un amore bello, un amico, una musica. Improvvisi squarci si sono aperti a dirti che non sei solo, che non sei smarrito tra le dune del deserto.

Che Dio è acqua e pane incamminati verso la tua fame. La mia forza è sapermi cercato, con la mia vita distratta e le risposte che non do; sapermi desiderato è tutta la mia pace. Io vivo di Dio. Ricordati del cammino: dialoga con la storia della tua vita, rimani nella tua sorgente limpida.Il Vangelo oggi ha solo otto versetti, e Gesù a ripetere per otto volte: Chi mangia la mia carne vivrà in eterno. Quasi un ritmo incantatorio, una divina monotonia, nello stile di Giovanni, che avanza per cerchi concentrici e ascendenti, come una spirale; come un sasso che getti nell’acqua e vedi i cerchi delle onde che si allargano sempre più. È il discorso più dirompente di Gesù: mangiate la mia carne e bevete il mio sangue.  […] Continua a leggere tutto il testo di questo commento su Avvenire

- Pubblicità -


Altro commento di fra Ermes

IL PIANO INCLINATO

Link al video

Fondersi con qualcosa che cambia la direzione della vita, per poter vivere, semplicemente vivere, vivere davvero.

Nella sinagoga di Cafarnao, cala il discorso più dirompente di Gesù: mangiate la mia carne, bevete il mio sangue.

- Pubblicità -

Nel deserto della vita, trovare pane che dia senso all’esistenza si rivela l’unico sentiero.

Un invito che sconcerta amici e avversari quello di Gesù, che ostinatamente ribadisce per otto volte. Incalzante convinzione: fondersi con qualcosa che cambia la direzione della vita, per poter vivere, semplicemente vivere, vivere davvero.

Mentre la nostra esperienza attesta che la vita scivola inesorabilmente verso la morte, Gesù capovolge questo piano inclinato, mostrando che ogni vita scivola verso Dio. Anzi, che è la vita di Dio a scorrere, venire, perdersi dentro la nostra. Viene dentro le creature come lievito nel pane, come pane nel corpo, come corpo nell’abbraccio. Dentro l’amore.

Il nostro pensiero va all’Eucaristia. È lì la risposta? Ma a Cafarnao Gesù non indica un rito liturgico; lui non è venuto per inventare liturgie, ma fratelli liberi e amanti, vivendo la grande liturgia dell’esistenza, della persona che è realtà, che è storia.

Io vivo di un Altro! Dalla bocca di Dio vengono parole che danno luce, acqua, terra e vento. È questa la mia sorgente e il mio fine. Cosa farò? La prima lettura mi soccorre: ricordati del cammino che il Signore ti ha fatto percorrere, alla ricerca della Vita.

Ricordati, perché l’oblio è la radice di tutti i mali. Ricordati del cammino, delle sorgenti, del salire e del fiorire, del crescere. Ricordati del vento delle piste, della bellezza dell’anima affaticata dal richiamo di cose lontane. Ricordati che essere uomo-con-Dio è il contrario dello smarrirsi fra le dune. E di tutta la manna scesa all’improvviso, del tuo stupore negli occhi e nel cuore, della gioia contagiosa che di colpo risollevava la tua gente.

Tutti possiamo raccontare del nostro viaggio nella vita, non solo di scorpioni e serpenti, ma anche di acqua scaturita all’improvviso, quando un giorno eravamo a terra e dal cielo è arrivato qualcosa, una forza, un amore, un amico, un canto. Improvvisi squarci si sono aperti a ricordarci che non viviamo soli nel cerchio chiuso dei nostri problemi, ma che un amore spinge per aprirsi un varco nei confini della storia.

Se sono sopravvissuto, se non sono diventato io stesso un deserto, terra spenta e inospitale, lo devo a un Altro. Io vivo di Dio. Ricordare è dialogare con la mia storia, rimanere con la mia sorgente.

Allora ad ogni messa, con quel piccolo pane tra le dita, voglio dialogare, senza fine e dal profondo, come Israele di fronte alla manna: man hu? Che cos’è? È Dio in cerca della fame e della sete dell’uomo. Che cos’è? È Gesù Cristo, fame d’altro per chi è sazio di solo pane. Che cos’è? È Lui che vive donandosi, a me che vivo di pane e di miracolo. 

Fonte