Pentecoste è la festa dei cinquanta giorni dopo la Pasqua (Deut 16,16), festa gioiosa di pellegrinaggio al tempio, festa dell’estate che accoglie il dono della terra e del lavoro nella mietitura: “celebrerai anche la festa della settimana, la festa cioè della primizia della mietitura del frumento e la festa del raccolto al volgere dell’anno” (Es 34,22; cfr Es 23,16; Deut 16,9-10; Num 28,26).
La gioia, il, riconoscimento di un dono di vita, la condivisione e la sospensione propria di un tempo di festa connotano tale momento. In questo sfondo la festa assunse la caratteristica di memoria del dono della Legge che ricorda il l’orizzonte di fondo della vita nel seguire la chiamata di Dio e nel servirlo (Es 3,12).
La pentecoste non ha data precisa nel calendario ebraico ma esige il conto dei giorni, a partire da Pasqua e ciò è segno dell’atteggiamento da coltivare in rapporto alla Torah: contare i giorni reca con sé il rinvio all’attitudine dell’attesa ed alla consapevolezza di un tempo donato.
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Per la prima comunità cristiana i cinquanta giorni dopo la Pasqua sono collegati all’esperienza del dono dello Spirito santo. Luca racconta il giorno di Pentecoste a Gerusalemme dopo la Pasqua di Gesù, e descrive l’esperienza della prima comunità nel rapporto con Gesù che ha lasciato i suoi ma è incontrato vivo nel tempo dell’assenza: i simboli del vento impetuoso e delle lingue di fuoco rinviano al dono dello Spirito percepito nei cuori che investe le esistenza aprendole all’inaudito.
Coloro che sono investiti di ‘forza dall’alto’ si fanno annunciatori animati da fiducia e coraggio. Sono consapevoli che questa forza non proviene dalle loro capacità ed il loro parlare ha un’efficacia comunicativa nuova, è comprensibile e raggiunge gli uditori. Persone provenienti da popoli diversi s’interrogano “Com’è che li sentiamo ciascuno parlare la nostra lingua nativa?” (At 2,8). Una nuova comunicazione si apre: la promessa di Babele, il progetto di Dio che benedice la diversità si fa esperienza di una comprensione possibile e di un dialogo nuovo. Il racconto di Pentecoste è innanzitutto proposto da Luca quale momento che contrasta la logica di Babele: è infatti critica ad ogni pretesa di costruire un impero unico che parli una sola lingua e prenda così il posto di Dio: può essere ogni sistema religioso o civile che si pone come assoluto e domina sulle persone. Ma il racconto lucano va anche oltre ed indica in ciò che accade a Gerusalemme il compimento della promessa di Babele. A Babele infatti si era manifestato il disegno di Dio sull’umanità: Dio non vuole che gli uomini siano dispersi, in conflitto tra loro e rimangano chiusi nella solitudine dell’incomunicabilità, ma intende suscitare le diversità (diverse lingue) aprendo ad una comunione possibile nelle differenze (l’intendersi ciascuno nella propria lingua).
A Pentecoste si realizza un annuncio ed una testimonianza nuova: “Li udiamo annunziare nelle nostre lingue le grandi opere di Dio” (At 2,11). Lo Spirito è presenza che de-centra la vita, la rende lugoo di un dono e spinge ad annunciare e testimoniare l’opera di Dio.
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Nel IV vangelo l’evento del dono dello Spirito è posto nel racconto della sera del giorno di Pasqua. Gesù presentandosi in mezzo ai discepoli ‘alitò su di loro e disse: Ricevete lo Spirito Santo’ (Gv 20,22). Il quarto vangelo legge nella morte di Gesù un evento di consegna e di amore. Il Padre consegna il Figlio e il Figlio proprio nel momento della sua morte consegna lo spirito (Gv 19,30). La croce assume i contorni di une vento di rivelazione del volto di Dio come amore che si apre ad una relazione di vita e di incontro, di comunione. Proprio sulla croce si attua il dono dello Spirito, il soffio non catturabile di una presenza che è forza di rigenerazione, di apertura, di libertà.
Fonte: il sito di don Alessandro Cortesi
p. Alessandro Cortesi op
Sono un frate domenicano. Docente di teologia presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose ‘santa Caterina da Siena’ a Firenze. Direttore del Centro Espaces ‘Giorgio La Pira’ a Pistoia.
Socio fondatore Fondazione La Pira – Firenze.