Stare un passo indietro per compiere insieme passi in avanti – Sabato della VII settimana di Pasqua
✝️ Commento al brano del Vangelo di: ✝ Gv 21,20-25
Dagli Atti degli Apostoli (At 28,16-20.30-31)
Arrivati a Roma, fu concesso a Paolo di abitare per conto suo con un soldato di guardia.
Dopo tre giorni, egli fece chiamare i notabili dei Giudei e, quando giunsero, disse loro: «Fratelli, senza aver fatto nulla contro il mio popolo o contro le usanze dei padri, sono stato arrestato a Gerusalemme e consegnato nelle mani dei Romani. Questi, dopo avermi interrogato, volevano rimettermi in libertà, non avendo trovato in me alcuna colpa degna di morte. Ma poiché i Giudei si opponevano, sono stato costretto ad appellarmi a Cesare, senza intendere, con questo, muovere accuse contro la mia gente. Ecco perché vi ho chiamati: per vedervi e parlarvi, poiché è a causa della speranza d’Israele che io sono legato da questa catena».
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Paolo trascorse due anni interi nella casa che aveva preso in affitto e accoglieva tutti quelli che venivano da lui, annunciando il regno di Dio e insegnando le cose riguardanti il Signore Gesù Cristo, con tutta franchezza e senza impedimento.
Riconciliati nel cuore, annunciatori del Vangelo fino ai confini della terra
La conclusione del Libro degli Atti degli Apostoli registra l’arrivo di Paolo a Roma e l’inizio della sua missione evangelizzatrice nella capitale dell’Impero. Vi giunge come prigioniero, ma al tempo stesso con una certa autonomia che gli permette d’incontrare le persone a cui annunciare il Vangelo. Come sempre è accaduto, i primi destinatari dell’evangelizzazione sono i giudei, quelli più vicini a Paolo perché condividono la stessa fede nell’unico Dio, fede che l’apostolo di Cristo non ha mai rinnegato.
Anzi, Saulo di Tarso, il fariseo, non perde occasione di ribadire la sua appartenenza al popolo d’Israele e l’obbedienza alla legge; tuttavia proclama con coraggio che il compimento delle promesse di Dio è Gesù Cristo, vera speranza d’Israele, perché Lui è il Salvatore, del quale si onora di condividere la sorte. Come Gesù, anche Paolo viene arrestato a Gerusalemme, e come lui subisce un processo ingiusto dal quale le autorità romane lo avrebbero voluto liberare scontrandosi però con l’opposizione incomprensibile delle autorità giudaiche.
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L’appellarsi a Cesare, come la preghiera di Gesù sulla croce, non è invocazione di vendetta, ma è richiesta di giustizia che consiste nella riconciliazione. Per Paolo è terminato il tempo del pellegrinaggio ed è giunto quello dell’abitare la casa nella quale accogliere per annunciare il Regno di Dio e istruire secondo le Scritture, per far conoscere Gesù.
Quella casa oggi è la Chiesa nella quale essere accolti per essere nutriti della Parola di Dio e dalla quale partire per spargere con abbondanza il seme del Vangelo, solo se necessario con le parole.
✝ Dal Vangelo secondo Giovanni Gv 21,20-25
Questo è il discepolo che testimonia queste cose e le ha scritte, e la sua testimonianza è vera
In quel tempo, Pietro si voltò e vide che li seguiva quel discepolo che Gesù amava, colui che nella cena si era chinato sul suo petto e gli aveva domandato: «Signore, chi è che ti tradisce?». Pietro dunque, come lo vide, disse a Gesù: «Signore, che cosa sarà di lui?». Gesù gli rispose: «Se voglio che egli rimanga finché io venga, a te che importa? Tu seguimi». Si diffuse perciò tra i fratelli la voce che quel discepolo non sarebbe morto. Gesù però non gli aveva detto che non sarebbe morto, ma: «Se voglio che egli rimanga finché io venga, a te che importa?».
Questi è il discepolo che testimonia queste cose e le ha scritte, e noi sappiamo che la sua testimonianza è vera. Vi sono ancora molte altre cose compiute da Gesù che, se fossero scritte una per una, penso che il mondo stesso non basterebbe a contenere i libri che si dovrebbero scrivere.
Stare un passo indietro per compiere insieme passi in avanti
Nell’ultima pagina del vangelo Giovanni appone la sua firma, anche se lui si cela dietro la figura del discepolo amato. Questo apostolo appare quasi sempre insieme a Pietro tranne che sotto la croce dove è in compagnia della madre di Gesù. Tra i due il discepolo amato è quello che si espone di più. Lui, come ricorda il narratore, è quello che su indicazione di Pietro chiede a Gesù chi lo avrebbe tradito. Quando il Maestro fu arrestato il discepolo che Gesù amava, conoscendo il Sommo Sacerdote, intercede perché Pietro entri nel cortile dove negherà di essere seguace di Gesù. La domenica di Pasqua insieme corrono verso il sepolcro ma, pur giungendo per primo, si ferma ed entra solo dopo Pietro che lo seguiva. Sul lago di Tiberiade il discepolo amato riconosce il Signore e Pietro si getta in acqua per raggiungerlo prima degli altri. Questo discepolo, da una parte segue Pietro, quasi a riconoscerne il primato, dall’altro egli svolge per l’apostolo la funzione profetica perché sembra ispirargli le scelte di fede. Qualcuno ha voluto leggere in queste due figure due elementi inscindibili della Chiesa: il carisma e l’istituzione. Entrambi sono accomunati dall’essere alla sequela di Gesù e dalla testimonianza che tutti e due devono rendere a Lui. Il primo con il martirio cruento e il secondo con la testimonianza evangelica. Il sangue dei martiri è seme di nuovi cristiani. Questo seme deve essere curato perché cresca. A questo serve anche la testimonianza del vangelo di cui il discepolo amato è l’autore. Nella Chiesa carisma e istituzione «corrono insieme» ma ognuno nel pieno rispetto dell’altro. L’istituzione trova nel carisma la forza propulsiva per rigenerarsi continuamente per seguire sempre meglio il Signore. Il carisma si mette al servizio dell’istituzione in modo tale che esso possa esprimere al meglio la propria funzione. Il carisma, con la sua natura libera e imprevedibile come il vento, trova nelle strutture istituzionali l’alveo che lo incanala al servizio del bene comune. L’istituzione, nella sua dimensione organizzativa, necessita del carisma per non diventare un contenitore senza contenuto.
Commento a cura di don Pasquale Giordano
Vicario episcopale per l’evangelizzazione e la catechesi e direttore del Centro di Spiritualità biblica a Matera
Fonte – il blog di don Pasquale “Tu hai Parole di vita eterna“