Carlo Miglietta – Commento alle letture di domenica 28 Maggio 2023

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Noi cristiani diciamo una delle nostre più grosse bugie addirittura recitando il “Credo”: “Credo nello Spirito Santo…, che con il Padre ed il Figlio è adorato e glorificato”: chi di noi adora e glorifica lo Spirito Santo quanto prega e loda il Padre e il Figlio? Certamente nelle nostre chiese si prega molto di più… la Madonna, S. Rita o S. Pio da Petralcina che lo Spirito Santo! La maggioranza dei cristiani non sa nemmeno bene chi sia questo Spirito Santo, e questa è una storia vecchia: già nella Chiesa primitiva, a Efeso, alcuni discepoli dicevano a Paolo: “Non abbiamo nemmeno sentito dire che ci sia uno Spirito Santo!” (At 19,2): e molti che si dicono cristiani, oggi, potrebbero rispondere alla stessa maniera. Non per niente lo Spirito Santo è stato definito “il Grande Dimenticato”. Eppure nel “Credo” sempre ribadiamo: “Credo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita”, e nella IV Preghiera Eucaristica lo definiamo “Primo dono ai credenti”!

Lo Spirito Santo è l’Amore tra il Padre e il Figlio e che da loro si espande: non è solo la loro relazione, ma ne è anche il Frutto distinto: è una Persona, è lo Spirito d’Amore. “Dio è Amore” (1 Gv 4,8), e Amore è lo Spirito Santo. Lo Spirito Santo non è però solo l’Amore che unisce le Persone Divine; è anche l’Amore di Dio per noi: “Fino alla gelosia ci ama lo Spirito che egli ha fatto inabitare in noi” (Gc 4,5); “L’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato” (Rm 5,5).

Sul modello della Santissima Trinità, dobbiamo fare delle nostre vite solo dialogo, comunione, dono, oblazione, servizio gratuito, amore. La vita secondo lo Spirito è pertanto la condizione del cristiano (Rm 7,6; 8,14; Gal 5,25). 

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I teologi, sulla base del testo di Is 11,2-3 (secondo i LXX e la Vulgata), parlano di sette doni dello Spirito Santo, infusi in maniera speciale nel cristiano: la sapienza (dal latino “sàpere”, gustare), che ci dà il sapore delle cose di Dio; l’intelletto (dal latino “inter-legere”, leggere dentro), che ci scorgere il passaggio di Dio e la sua volontà nella storia nostra e del mondo; il consiglio, la capacità di prendere e di suggerire le scelte migliori per la nostra santificazione; la scienza, che ci fa comprendere i misteri di Dio e del creato; la fortezza, che ci rende capaci di fedeltà e di testimonianza; la pietà (in latino “pietas”), cioè la capacità d’amare; il timor di Dio, cioè il saper sempre riconoscerci come creature al cospetto del Creatore. Sapienza, intelletto, consiglio, scienza sono doni dello Spirito in quanto egli è il Maestro interiore dei discepoli, la loro luce; la fortezza è dallo Spirito perché egli è potenza che ci trasforma; la pietà e il timor di Dio sono da lui in quanto Spirito d’amore. 

“Lo Spirito Santo non solo per mezzo dei sacramenti e dei ministeri santifica il popolo di Dio e lo guida e lo adorna di virtù, ma «distribuendo a ciascuno i propri doni come piace a lui» (1 Cor 12,11), dispensa tra i fedeli di ogni ordine anche grazie speciali… E questi carismi, straordinari o anche più semplici e più comuni, siccome sono soprattutto adatti e utili alle necessità della Chiesa, si devono accogliere con gratitudine e consolazione” (Dei Verbum, n. 12). La parola “carisma” è un neologismo del Nuovo Testamento: deriva dal verbo “charizomai”, che significa mostrarsi generoso, regalare qualcosa. Induce a pensare al termine “charis”, “grazia”. I carismi presentano alcune caratteristiche: non fanno parte delle grazie fondamentali, ma sono doni particolari distribuiti da Dio in modo diverso (1 Cor 12,4; Rm 12,6); sono da distinguersi dai “talenti”, che invece appartengono all’ordine naturale (1 Pt 4,10; 1 Cor 12,7.11); sono dati per la “costruzione della comunità” (“oikodomè”: 1 Cor 12; Rm 12); devono essere riconosciuti e normati da chi esercita il ministero gerarchico (1 Cor 14; Rm 12; 1 Pt 4,10-11); infine, tutti i carismi sono nulla se manca la carità, che ne dà il senso e li vivifica (1 Cor 13). In più passi Paolo ce ne offre un elenco (Rm 12,6-8; 1 Cor 12,8-10.28; Ef 4,11-13); c’e il dono di essere apostoli; c’è quello della profezia, probabilmente la predicazione del ravvedimento e del giudizio (1 Cor 14,24), l’esortare e il confortare (1 Cor 14,3), forse anche annunciando il futuro (At 11,28; 21,11); c’è il magistero, l’essere pastori e evangelisti; la sapienza, il gusto di Dio; la scienza, la conoscenza dei suoi misteri; la fede, intesa come quella che sposta le montagne e compie i miracoli (1 Cor 13,2; Mc 9,23; 11,23; Mt 17,20); il dono di fare guarigioni; quello di compiere miracoli; il discernimento degli spiriti, cioè la capacità di distinguere lo Spirito divino da quello demoniaco quando parlano gli estatici; all’ultimo posto la il dono delle lingue e l’interpretazione delle lingue: il termine “glossa” significa “lingua” (parlare senza il controllo della ragione? Improbabile…), “linguaggio” (parlare in lingue straniere ignote? Cfr At 2,1-11; ma 1 Cor 14,10 non sembrerebbe d’accordo…), o “espressione antica e incomprensibile” (forse il linguaggio celeste: 2 Cor 12,4; 1 Cor 13,1; Ap 14,3), manifestazione estatica nel cristianesimo di forme esistenti anche presso i pagani, sempre opera dello Spirito ma carisma subordinato (1 Cor 14).

Guai a meritarci il rimprovero di Stefano ai Giudei: “O gente testarda e pagana nel cuore, voi sempre opponete resistenza allo Spirito Santo!” (At 7,51). È perciò necessario: “vivere e nutrirsi dello Spirito…, camminare nello Spirito…, lasciarsi guidare dallo Spirito, essere strumenti docili nelle mani dello Spirito, arpe sonore di preghiera, frutti dello Spirito… Solo così il cristiano si costituisce come “lettera scritta non con l’inchiostro, ma con lo Spirito del Dio vivente” (2 Cor 3,3)” (Pedrini).

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Carlo Miglietta


Il commento alle letture di domenica 28 maggio 2023 a cura di Carlo Miglietta, biblista; il suo sito è “Buona Bibbia a tutti“.