✝️ Commento al brano del Vangelo di: ✝ Gv 15, 18-21
Gesù stesso insegna ai discepoli che il criterio di riferimento è lui. Chi è che ha avversato Gesù? Quelli che avevano interessi contrastanti con la sua vita, come il notabilato che temeva di perdere i propri privilegi. La gente, anche i miscredenti, si sentivano amati e compresi nel loro cammino graduale, aiutati a crescere con amore.
Un esempio interessante lo vediamo nel racconto dell’indemoniato geraseno. I geraseni mandano via Gesù perché il branco di porci si è perduto nello sprofondo. Erano ciecamente attaccati ai beni materiali. Gesù dice al risanato che voleva mettersi in cammino con lui di restare in quel territorio ad annunciare la sua guarigione. Sarà proprio lui che non metteva timore agli interessi dei geraseni che potrà preparare la nuova venuta di Gesù tempo dopo. Venuta che sarà accolta con fede nuova.
Gesù fa capire una cosa incredibile: dove manda noi siamo più utili di lui, siamo quelli, in lui, che potranno aprire il cammino a lui. Nel tuo luogo di lavoro tu puoi essere accolto meglio di san Francesco perché vivi la stessa vita dei tuoi colleghi mentre magari uno col saio e la tonsura del capo sarebbe visto come un marziano.
Questo ci fa comprendere che Gesù è il riferimento nel senso profondo. Una cosa è trasmettere l’amore di Dio senza comprendere il cammino specifico di ciascuno, sbattere in faccia all’altro verità che non può ancora comprendere. Una fede che all’estremo può giungere al fanatismo, dove l’amore per l’altro può venire anche gravemente frainteso e addirittura misconosciuto. E magari in buona fede qualche guida si sente martire (e a modo suo lo è) perché la gente non la capisce. Il cammino graduale è appunto non fare di sé stessi il metro della verità ma scoprire come Gesù amava ciascuna persona. Il cammino è anche imparare da certe difficoltà, da certe critiche e fare comprendere alle persone che non tutte le loro perplessità sono loro bisogno di crescere. Ciò può aprire a dialoghi chiaritori che possono evitare di perdersi tanto bene. Ma errore opposto è quello di uniformarsi nel profondo alla vita degli altri per essere accettati, senza cercare di accogliere la luce serena e autentica che Dio ci mette nel cuore.
La fede, l’amore, gradualmente liberati da questi estremi sono l’unica chiave per comprendere la vita, il cammino, specifici, di ciascuno, come vediamo nella Pentecoste dove le genti delle più diverse nazioni sentono parlare gli apostoli nella propria lingua.
Fonte: il blog di don Giampaolo Centofanti