La vita come processo
Una delle esperienze più dure nella vita è quella di sentirsi soli mentre ci si trova a lottare. A volte si tratta semplicemente di affrontare la fatica di vivere, la paura di non farcela, altre volte si tratta invece di lottare contro l’ingiustizia, contro le incomprensioni, contro la cattiveria. Sì, perché la vita è comunque un grande processo, dove non sempre occupiamo il ruolo di giudice o di testimone, a volte la vita ci mette anche sul banco degli imputati.
Il Paraclito
- Pubblicità -
Forse è proprio questa immagine della vita come un grande processo che ci può aiutare a comprendere perché Gesù ci rassicuri parlandoci di un altro Paraclito, un secondo Paraclito, il primo infatti è lui stesso. Paraclito vuol dire letteralmente colui che è chiamato a stare accanto, più precisamente è l’avvocato che si mette al nostro fianco per parlare in nostro favore, anzi prende persino il nostro posto nella lotta, affronta l’accusatore per noi. Gesù continua a svolgere questo compito attraverso lo spirito santo.
Stare accanto
Se una persona ci vuole bene, infatti, non è pensabile che ci lasci soli. L’esperienza ci insegna che è proprio nei momenti di difficoltà che ci rendiamo conto quali sono le persone che ci tengono veramente a noi. Un padre o una madre, se sono veramente tali, non lascerebbero mai il figlio da solo quando si trova nel pericolo. Anzi, un genitore sente anche da lontano che il figlio è in pericolo. Un amico, se è un vero amico, non ci abbandona quando la sventura ci cade addosso.
È esattamente questo che Gesù sta cercando di dire ai suoi discepoli. Usa parola di consolazione, che è l’altro significato di Paraclito, il consolatore: ti sto accanto! Sappiamo bene che molte volte quello che vogliamo di più non è qualcuno che ci risolva il problema, che forse a volte non si può neppure risolvere, ma desideriamo semplicemente qualcuno che ci stia vicino. In questo senso, anche noi diventiamo strumenti del Paraclito quando sappiamo stare vicino e consolare, come i discepoli che imponendo le mani invocano sugli altri lo Spirito (cf At 8,17).
Saper esserci
Purtroppo, quando qualcuno ci parla, noi stiamo pensando molte volte già alla risposta da dare, la cosa più importante sarebbe invece quella di ascoltare e rimanere accanto. I discepoli infatti hanno paura di rimanere orfani, cioè di rimanere soli, di non avere più un padre che li difenda e li sostenga. Questa immagine probabilmente è anche legata al fatto che nella cultura rabbinica il maestro è sentito come un padre: Gesù è maestro, padre, e consolatore.
In fondo questo è l’amore, saper esserci! I versetti del Vangelo che leggiamo questa domenica iniziano e terminano con questo riferimento all’amore e ai comandamenti. Forse, alla nostra sensibilità moderna, questo accostamento può risultare paradossale, eppure l’amore è reale quando si vede e si vede se ci sono dei criteri. Un amore generico non è neppure amore. L’amore è concreto, si vede nei fatti, è un amore che sta in un contesto. I comandamenti sono le parole che abbiamo bisogno di dirci e le parole che abbiamo bisogno di fare per esprimerci l’amore.
Quando si ama qualcuno si desidera rimanere con lui. Gesù desidera rimanere con i suoi discepoli e quando si ama veramente un modo per rimanere lo si trova sempre. Gesù rassicura i discepoli di ogni tempo che Egli troverà un modo per rimanere sempre con loro. È quell’amore che forse abbiamo visto negli occhi di una persona cara che stava morendo e che in quel momento ci guardava per dirci di non preoccuparci perché non ci avrebbe mai lasciato.
Leggersi dentro
- Sei capace di stare accanto alle persone a cui vuoi bene?
- Hai sperimentato la consolazione che viene dallo Spirito Santo?
per gentile concessione di P. Gaetano Piccolo S.I.
Fonte