Nel contesto molto intimo dell’ultima cena, dopo aver annunciato il rinnegamento di Pietro, Gesù invita i suoi a non turbarsi; essi sono inquieti forse non solo a causa dell’imminente separazione ma anche perché incominciano a percepire l’incombente delusione di tutte le loro aspirazioni. Ecco allora che il Maestro fa una promessa: “Vado a prepararvi un posto”. Questo “posto” è un luogo approntato con cura, dove Gesù già si trova; l’evangelista infatti usa il tempo presente – “dove sono io” – a indicare che Gesù è già nella casa di suo Padre.
Lì Egli porterà con sé anche i discepoli, che scoprono così di essere destinati a dimorare nel cuore di Dio. Non si tratta di una promessa banale: il desiderio di trovare rifugio, accoglienza, stabilità e tutto quanto è evocato dai termini “casa” costituisce una delle aspirazioni più profonde dell’essere umano. Tutti, infatti, desideriamo essere custoditi e protetti da una Presenza che si prende cura di noi. Ciò è talmente vero che, se all’inizio della vita non avessimo fatto questa esperienza sentendoci accolti tra le braccia di qualcuno, il nostro futuro ne sarebbe stato indelebilmente segnato. La grande gioia che accompagna la Pasqua nasce dunque da questa certezza: abbiamo un luogo sicuro e ospitale in cui abitare, la casa di un Padre che è Amore. Nostro compito è prima di tutto dar credito alle parole di Gesù.
Come Tommaso, poi, anche noi possiamo interrogarci rispetto a “come possiamo conoscere la via”. La risposta di Gesù è più che esaustiva: “Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me”. Che cosa possono significare tali parole nella concretezza del nostro vissuto quotidiano? Questi tre predicati costituiscono una rivelazione dell’identità di Gesù e descrivono la sua funzione all’interno della relazione tra Dio e l’uomo. Commentando il Vangelo di domenica scorsa si era detto che Gesù è il ponte tra la terra e il cielo; ora lo riconosciamo come “via”, come l’itinerario da percorrere per arrivare alla casa del Padre.
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Non è più la Legge a orientare il cammino del discepolo, ma Gesù, la sua parola, il suo esempio, il suo modo di pensare e agire. Egli è anche “la verità”, un termine che non deve essere inteso in modo teorico, astratto, utilizzando concetti filosofici. Gesù è la verità in quanto è rivelazione all’uomo della sua identità più profonda, del suo mistero; in Lui, infatti, si incarna e si manifesta il disegno di Dio sull’uomo, ciò a cui ognuno di noi è destinato.
Non è negli idoli proposti dalla società odierna che noi possiamo scoprire ciò per cui siamo fatti e il senso del nostro esistere, ma in Lui; Egli, infatti, rivela come raggiungere quella realizzazione di cui oggi siamo assetati e la cui ricerca, guidata dai valori in auge nella nostra società, finisce sempre per lasciarci disincantati e delusi. Tali valori, infatti, non permettono di attingere a quel bene essenziale che è la vita, quella vita che solo in Gesù possiamo trovare. Non è la sopravvivenza ciò a cui l’uomo aspira e nemmeno la soddisfazione dei suoi bisogni essenziali e superflui; se fosse così, “ricco” sarebbe sinonimo di “felice”.
Il desiderio più vero e profondo di ogni uomo è invece la relazione, è amare ed essere amato. Ecco ciò che significa “vita”, una vita che riceviamo seguendo le orme di Colui che rivela la verità di noi stessi insegnandoci a essere figli e fratelli.
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Commento a cura dalla Fraternità della Trasfigurazione.
Fonte – Arcidiocesi di Vercelli