Aggiungi un posto a tavola
“Aggiungi un posto a tavola che c’è un amico in più, se sposti un po’ la seggiola stai comodo anche tu…”
Così si canta all’inizio e alla fine nel famoso musical italiano di Garinei e Giovannini degli 70.
E così canticchiava sempre mia mamma quando le si chiedeva se c’era posto per un ospite in più a pranzo o a cena. Era il suo modo ironico per dire che dividendo quel che c’è il posto c’è sempre per qualcuno in più.
Qui si parla di un posto attorno alla tavola in casa, e non in paradiso e nell’aldilà.
Ma anche Gesù quando dice “vado a prepararvi un posto” ai suoi discepoli, non sta parlando di un mondo altrove, di un aldilà staccato dall’aldiquà dove vivono i suoi amici.
In questo brano della Scrittura, siamo nei discorsi dell’Ultima Cena, che l’evangelista colloca dal capito 13 del suo Vangelo. Ad una prima lettura sembra proprio che Gesù parli di un “dopo” il tempo umano che è “altrove”. Ma è proprio leggendo bene tutto il Vangelo, con tutto quello che Gesù insegna, che capiamo che non sta parlando di qualcosa fuori dell’esperienza umana, ma proprio dentro l’esperienza umana. Gesù è Dio che è venuto dentro l’uomo, è il Verbo di Dio che si è incarnato, in una unione che supera la morte, ed elimina ogni ostacolo tra cielo e terra. Anche gli apostoli sono legati ad una visione distaccata di Dio che sta fuori dall’esperienza umana, irraggiungibile se non per pochi. Per questo Giovanni ci ricorda la domanda di Filippo, “Signore, mostraci il Padre e ci basta…”, che è una bellissima domanda-preghiera. La risposta non è però nel miracolo di una visione ultraterrena, ma guardando l’uomo Gesù, il suo agire e parlare che ha il vertice nel dono della vita sulla croce.
Chi vede Gesù vede Dio stesso! “Chi ha visto me ha visto il Padre”, dice infatti Gesù a Filippo. Vedere Dio significa puntare lo sguardo sull’amore che l’uomo è capace di attuare e che in Gesù ha il modello supremo. Gesù con la sua morte e resurrezione entra definitivamente in Dio, e nello stesso tempo entra definitivamente dentro la storia umana, in ogni luogo e tempo, ovunque viene vissuto il Vangelo, da chiunque lo vive. Ecco la via che porta a Dio, quella dell’uomo che ama come Gesù!
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E quindi il posto che il Signore ci prepara è quel modo di amare che abbiamo nella vita, il nostro compito dentro la nostra storia per amare come lui, secondo la nostra vocazione. Il nostro posto è là dove amiamo e viviamo, con quello che siamo capaci, dentro il nostro lavoro, nelle nostre relazioni.
I discorsi dell’Ultima Cena sono quel Testamento spirituale che Gesù lascia ai suoi, un testamento da aprire e mettere in pratica dopo la sua morte e resurrezione, dopo che ha lasciato il modo con il quale è stato presente negli anni della predicazione. Con la nascita della Chiesa, la comunità dei credenti, quel Testamento va preso e messo in atto. E tra queste parole ci sono proprio quelle che ci ricordano che ognuno di noi ha un posto nella Chiesa, che tutta insieme rappresenta Cristo, che è Cristo stesso vivente dentro la storia. E ognuno ha il suo compito di vivere Cristo e di rappresentarlo.
La comunità cristiana ha quindi molti posti e ha un posto per tutti. Nessuno è spettatore ma tutti sono attori importanti perché l’amore di Cristo, l’amore di Dio Padre siano sperimentati in terra, tra gli uomini.
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“Aggiungi un posto a tavola” potrebbe davvero essere il canto iniziale delle nostre assemblee domenicali, quando ci raduniamo insieme. Chi entra nelle nostre chiese si deve sentire accolto come fratello e sorella indispensabili tanto quanto il prete sull’altare e i suoi più stretti collaboratori. E questo non perché è il prete a dare un posto. Quel posto è stato già dato da Gesù a tutti. Sta a noi scoprirlo e valorizzarlo insieme.
E in questa comunità piena di posti e sempre aperta e che vive, oh Signore, il tuo Vangelo, stai comodo anche tu…
Fonte: il blog di don Giovanni Berti (“in arte don Gioba”)