Chi ha visto me ha visto il Padre
Oggi celebriamo la memoria dei santi Filippo e Giacomo, apostoli, e questo passo dell’evangelo secondo Giovanni ci presenta un dialogo fra Gesù e Filippo, mentre le parole di Gesù riportate nei primi versetti di questo stesso testo sono una risposta a un’osservazione dell’apostolo Tommaso.
Una chiave di lettura di questo testo mi sembra essere la filigrana che sottende a tutte queste parole: in che senso Gesù dice a Filippo: “Chi ha visto me ha visto il Padre” (v. 9)?
Anzitutto, però, un’annotazione: come nei tre vangeli sinottici, Matteo, Marco e Luca, Gesù parlava di un “regno di Dio” o di un “regno dei cieli” e molte domande dei suoi discepoli vertevano su tale “regno”, così in Giovanni ci viene mostrato un Gesù che deve aver parlato molto ai discepoli di un suo “Padre” che è nei cieli.
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Doveva essere stato un linguaggio usato molto spesso da Gesù; forse i discepoli percepivano che questo suo “Padre” era molto caro a Gesù, che era ciò o colui che di più caro egli aveva e che era la fonte profonda della sua vita e della sua gioia, colui dal quale egli riceveva tutto: la gloria (cf. Gv 17,5), le parole (cf. Gv 17,8), le opere (cf. Gv 14,10), i discepoli ( cf. Gv 17,6), il calice stesso della passione (cf. Gv 18,11).
La domanda di Filippo: “Mostraci il Padre e ci basta” (v. 8) indica che tale aspettativa nei discepoli si era fatta forte, intensa: se questo “Padre” è così come tu dici, se è la fonte dell’amore e della vita di cui vivi (cf. Gv 17,26), se è la forza della tua intimità, se è ciò che davvero può riempire una vita come la tua, per favore, mostracelo, faccelo vedere, non chiediamo altro, ci basta”.
Filippo ha percepito l’intimità di Gesù con questo “Padre” e ha capito che per Gesù egli era un dono grande, vitale, fontale, che era l’origine, e il sostegno di tutta la sua esistenza, della sua pace e della sua gioia. E allora Filippo cerca di sintonizzarsi su questa linea d’onda di Gesù e gli dice: “Abbiamo capito che questo tuo Padre è così importante, e anche per noi non c’è nulla di più importante e di più prezioso; mostracelo, faccelo vedere, e non chiediamo altro”.
Filippo, dunque, e con lui gli altri discepoli, poiché egli parla al plurale (“mostraci…ci basta”), ha percepito qualcosa della persona e della vita di Gesù, ma non riesce ad andare alla radice.
E allora Gesù lo guida, lo conduce, attraverso una serie di parole che forse sembrano talvolta essere in apparenza non ben connesse le une con le altre, ad andare più in profondità, e gli svela che questo suo Padre lo si può discernere, riconoscere nelle parole e nelle azioni di Gesù, in ciò che Gesù dice e opera, così come nell’Antico Testamento i nomi di Dio erano i nomi relativi alle azioni che egli aveva compiuto e compiva.
Gesù rivela un Padre che è glorificato in lui quando i discepoli gli chiedono stesso qualcosa nel suo stesso nome, poiché Gesù manifesta l’amore e la bontà di questo Dio che in lui agisce e parla, e che così si manifesta, così si fa conoscere, così egli si rivela agli uomini.
Gesù manifesta un Dio che cammina, che fa storia insieme a coloro che egli ama e che li conduce verso pascoli di vita; Gesù manifesta un Padre del quale possiamo fidarci (“credere”).
sorella Cecilia
Per gentile concessione del Monastero di Bose
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