Paolo Curtaz – Commento al Vangelo di domenica 7 Maggio 2023

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Credere, non cedere

“Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me”.

Ci proviamo, Signore, con tutte le forze, con la nostra poca fede. Ci proviamo ma fatichiamo.

È un tempo difficile, certo, lo è per tutti, dopo anni di pandemia, dopo l’inizio della guerra in Europa, con lo stipendio che non basta più, i servizi al cittadino in peggioramento, una rabbia crescente nelle parole delle persone.

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Ed è ancora più difficile per chi, da tempo, si è messo in gioco accogliendo il Vangelo, costruendo comunità scegliendo di amare. Perché, anche se ce lo siamo ripetuti per decenni, questo è il tempo delle tenebra, dello scandalo interno alla Chiesa, del disprezzo sul volto dei nostri giovani quando parlano di cristiani, di comunità che si svuotano dopo decenni in cui pensavamo che nulla potesse (sul serio) cambiare radicalmente. 

La paura bussa alla porta. Paura del futuro, della morte, della solitudine, della povertà.

E nostalgia. Enorme. A tratti insostenibile.

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Soprattutto per chi ha vissuto la primavera del Concilio.

Queste sono le parole che sgorgano dal cuore di ogni credente in questi giorni, anche se tempo pasquale in cui convertirsi alla gioia.

Lamentele che diventano preghiera, nel desiderio sincero e cristallino di andare oltre.

Poi ci accorgiamo che queste parole il Maestro le ha dette poche ore prima di essere arrestato.

E tutto cambia.

Entriamo nel mistero. Le parole si spengono.

Ci mettiamo in ascolto.

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Le ultime parole

Sono le sue ultime parole prima di morire.

Parole che segnano una vita. La sua. La nostra.

Parole che stupiscono per la loro forza, per la calma, per il sereno abbandono nelle mani del Padre conosciuto e amato.

È Lui a rassicurare noi. Dovrebbe essere il contrario, soprattutto in quel momento.

Ma Gesù è così. pensa prima agli altri che a sé. Pensa prima a me. Ci chiede (mi chiede) di non avere paura.

E usa il verbo che indica il timore suscitato dalla tempesta in mare.

Perché è così: siamo sballottati da alte onde che sembrano travolgere il fragile guscio di noce che la nostra vita.

Eppure…

Le sue ultime parole sono chiare, nette, incoraggianti: Dio ci vuole accanto a sé e Gesù ci conduce al Padre.

Il Padre

Dio ci vuole accanto a sé. Ma non magicamente, non come chi ottiene una insperata raccomandazione, un calcio nel sedere per sedersi accanto al Padre.

Ci vuole accanto a sé come una calamita che attira a sé il ferro.

Perché in noi abita la presenza di Dio, quella magnifica scintilla luminosa che egli ha deposto nella nostra anima, che è la nostra anima. Quella scintilla divina che siamo chiamati a riconoscere, lasciar divampare, contagiare.

E per imparare abbiamo un Maestro: Gesù.

In lui abita la pienezza di Dio perché lui e il Padre sono una cosa sola.

Non come uno dei tanti maestri, rispettabili e santi, che la storia dell’umanità ci consegna.

Ma come il Maestro definitivo. Colui che, per amore, ci conduce alla pienezza di noi stessi in Dio Padre.

Tommaso ascolta. Il più grande fra i credenti, il primo dei credenti, è comunque stranito, a disagio.

Come? È la domanda che chi, come me, ha avuto il privilegio di dedicare la propria vita all’interiorità si sente rivolgere tante volte. Una domanda che io stesso ho posto e che mi pongo quotidianamente.

E la risposta è sempre la stessa, e ce la dona Gesù.

Via

Essere cristiani, a volte lo dimentichiamo, significa essere di Cristo, seguire Gesù, imitare Gesù, fidarsi di lui. Conoscerlo, anzitutto, e lasciarci amare. Frequentare la sua parola nella meditazione, cercarlo nella preghiera personale e comunitaria, riconoscerlo nel volto del fratello povero. 

Il cristianesimo è una proposta di cambiamento radicale del nostro modo di vedere il mondo.E Dio. 

E lo facciamo ascoltando e seguendo il Maestro. 

In un mondo stracolmo di opinionisti e piccoli leader che urlano gli uni contro gli altri, Gesù indica se stesso come percorso, la porta attraverso cui le pecore possono uscire dai tanti recinti (anche religiosi!) in cui ci hanno rinchiusi. 

Diventare cristiani significa amare come Gesù ha amato, seguire la via, che non è un insieme di belle nozioni, ma una persona.

Buffo: molti propongono la fede come un monolite di cose in cui credere o di rigidi comportamenti da tenere. Gesù, invece, ci dice che l’intera nostra vita è un percorso, fatto di sudore e stanchezza, di pause ristoratrici e di paesaggi mozzafiato.

L’importante è non essere rassegnati e morti, anche nella fede. Ma sempre pronti a camminare, a conoscere, a curiosare, a sapere, ad evolvere.

Come nell’amore umano, se la fede non si coltiva, avvizzisce.

Verità

Gesù è la verità. 

Verità che esiste e che chiede di essere accolta in un mondo che nega la possibilità stessa che esista una verità (eccetto una: quella che non esiste nessuna verità!), o che riduce la verità a livello di opinione, in un malinteso senso di tolleranza, mettendo tutto e tutti sullo stesso piano, come se la libertà significasse che nulla più è autentico. 

In un mondo che tutto relativizza, Gesù, con determinazione ma senza arroganza, con autorevolezza ma senza supponenza, pretende di conoscere la verità su Dio e sugli uomini. 

All’uomo contemporaneo che, come Pilato, gioca a fare il cinico e chiede cos’è la verità, la Chiesa proclama non una dottrina ma, nuovamente, una persona: se stesso. Gesù è la verità, dice la verità, ci conduce alla verità. 

E la verità è evidente, si impone, non ha da convincere. Ma solo un cuore onesto, disincantato, ragionevole è in grado di coglierla.

Ciò che il cercatore di Dio è invitato a fare è mettersi in gioco, fino in fondo, non barare, non impigrirsi ma cercare, restare aperto e disponibile alla crescita intellettuale ed interiore. E, se possibile, dedicare qualche energia alla conoscenza: non se ne può più di un cristianesimo approssimativo e solo emotivo!

Vita

Chi ha scoperto Gesù nel proprio percorso può affermare con assoluta verità che il Signore gli ha donato la vita. 

Esiste una vita biologica che può anche essere intesa e coinvolgente.

Ma una vita interiore, spirituale, allarga l’orizzonte, ci situa in un progetto di cui siamo chiamati a far parte, ci cambia radicalmente la vita biologica, riempiendola di una gioia intima, profonda, eterna.

Gesù è la vita e dona la vita e il cristiano ama la vita e la dona.

Anche se la propria vita è acciaccata o dolorante, il discepolo sa che è un gigantesco progetto d’amore quello che si sta manifestando nel nostro mondo.

Ora sappiamo, come Tommaso. Anche noi, come lui, dobbiamo passare sotto l’epifania di Gesù in croce per capire la pienezza di queste parole. A anche attraversare il mare dell’incredulità e della prova. Ma dopo, lo sappiamo, il risorto è lì che ci attende.

Ed è il tempo (Questo! Ora! Subito!) di prendere coscienza che la Chiesa che faremo è una nazione di santi e di profeti, di sacerdoti, di pontefici. Cioè noi battezzati, tutti, senza aspettare che altri si assumano questo ruolo. Sacerdoti, rendendo sacro ogni gesto che compiamo. Pontefici, cioè facendo da ponte fra Dio e gli uomini in Cristo. Profeti, cioè capaci di leggere la Storia alla luce del Risorto. È tempo di credere, non di cedere.

Sveglia, gente.

Sveglia.

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