Pace e bene cari fratelli e sorelle, questa domenica riscopriamo Gesù come porta della salvezza, porta aperta grazie alla quale possiamo uscire da noi stessi e immergerci sempre più “nell’ambiente” dell’amore di Dio, per diffonderlo intorno a noi…
La quarta domenica di Pasqua è la domenica del Buon Pastore, nella quale ricorre la giornata mondiale di preghiera per le vocazioni. Dunque, anzitutto, chiediamo al Padre il dono dello Spirito perché ognuno possa trovare la propria collocazione e dare il meglio di sé nel grande disegno d’amore di Dio.
Nel Vangelo di oggi, Gesù usa immagini familiari a quel tempo: si paragona alla porta del recinto delle pecore e al pastore. Sembrano scontate ma non lo sono.
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Anzitutto Gesù dice di essere la porta. Per le pecore la porta del recinto è ciò che permette loro di accedere ad un ambiente sicuro contro i pericoli, dove poter riposare; e poi, di poter uscire per andare a pascolare.
Gesù è dunque una “porta” che mette in comunicazione diversi “ambienti”. Vi è qui una immagine profonda per la nostra vita. Gesù è colui che ci fa accedere “all’ambiente divino”, cioè alla comunione con Dio, dunque alla salvezza. Gesù è “il varco”, la via di accesso al Padre. È in Lui dunque che troviamo ristoro, perdono dai peccati, e quella pace profonda che il nostro cuore tanto desidera. Egli stesso ci ha detto: «venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi e io vi darò ristoro» (Mt 11,29).
Al contempo, è Lui che ci dà la grazia di uscire da noi stessi, dalle nostre chiusure, dalle nostre gabbie – vizi, rancori, atteggiamenti mondani e infantili -, dal nostro ripiegamento su noi stessi. Lui ci insegna ad amare e ci dà la grazia di amare.
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Dobbiamo ammetterlo: spesso la nostra vita è stata o è come un recinto chiuso: siamo chiusi nella nostra solitudine, centrati su di noi e poco attenti agli altri, poco donati agli altri. I nostri sensi, che dovrebbero essere porte aperte sul mondo per aiutarci a vivere in relazione, spesso ci servono solo a fagocitare cose, immagini, suoni, esperienze, rimanendo chiusi in noi stessi. Ecco, Gesù apre il varco: ci connette a Dio, infonde in noi il suo amore che ci “spinge” a camminare, a vivere un meraviglioso esodo: dall’io a Dio, dall’io al tu, al noi.
Ed ecco la seconda immagine: quella del pastore. «Il guardiano gli apre il cancello e le pecore ascoltano la sua voce: egli le chiama una per una e, una volta uscite, cammina innanzi a loro ed esse lo seguono perché conoscono la sua voce». Abbiamo dunque un pastore particolare: conduce le sue pecore camminando davanti a loro. Solitamente i pastori stanno dietro al gregge, così da controllare che nessuna si perda, magari aiutato da un cane. Qui c’è un pastore che cammina davanti, e lo si segue ascoltandone la voce. Ecco, Gesù, cammina, fa la strada, dà l’esempio e parla. La sua parola, che sentiamo soprattutto nel Vangelo e che risuona nel cuore, è “il navigatore”. E questa voce la si riconosce, perché man mano lo si frequenta, e diventa voce amica, soave, familiare. Voce che parla al cuore, perché voce della verità. «Chi è dalla verità ascolta la mia voce» ha detto Gesù.
E questo pastore lo si segue liberamente. C’è di fondo il bellissimo rapporto che da figli siamo chiamati a vivere con Dio, un rapporto fatto di fiducia, di libera decisione, non di costrizione. Quanta differenza dagli altri “pseudo-pastori” che spesso incontriamo nella nostra vita: persone che incutono terrore, e poi ordini, urgenze, impellenze, nonché paure che attanagliano…
L’autentica sequela di Gesù non è mai mossa da condizionamenti, forzature, imposizioni. Nasce dalla libera risposta a una proposta di pienezza, dalla gioia dell’aver incontrato e corrisposto a un amore più grande. Se si lascia qualcosa – qualche vecchia abitudine, modo di fare… – è solo perché si è trovato il di più, il più bello, il sublime.
Sì, il Signore Gesù viene a stanarci dalle nostre chiusure e ci propone di seguirlo, lasciandoci insegnare ad amare, per camminare con Lui verso il cielo, verso la nostra pienezza.
Tanta meraviglia ti chiede solo una cosa: il tuo sì!