don Andrea Vena – Commento al Vangelo di domenica 16 Aprile 2022

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v. 19: «La sera di quel giorno», dice il testo del vangelo che la liturgia ci propone oggi. È il giorno della risurrezione,  il giorno di Pasqua! Di mattino presto andarono le donne e i discepoli al sepolcro, abbiamo meditato domenica  scorsa, e oggi la liturgia ci riporta a quel giorno, ma di sera, non più al mattino presto. Se prima sono stati i discepoli 

ad andare verso il sepolcro, ora è Gesù che li raggiunge lì dove sono: chiusi «per timore dei Giudei».  Il venire di Gesù non è dettato da atteggiamenti di rimprovero, ma di comprensione: «”Pace a voi!”. Detto questo  mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore». Per farsi riconoscere Gesù mostra loro  i segni della passione: le ferite si sono ormai trasformate in feritoie, in fessure attraverso le quali entrare in relazione  con Lui. Non sono segni di cui vergognarsi, ma rappresentano le caratteristiche proprie del Risorto. Attraverso que ste ferite sgorga la pace che il Signore dona: «Pace a voi». I discepoli, al di là della paura nei confronti dei Giudei che  li ha portati a chiudersi in casa, nel vedere il Signore avranno ripensato alla loro vigliaccheria, al loro fuggire di fronte  alla croce lasciando solo il loro Maestro. Forse si aspettavano qualche richiamo, e invece Gesù dice loro: «“Come il  Padre ha mandato me, anch’io mando voi“. Detto questo, soffiò e disse loro: “Ricevete lo Spirito santo. A co loro a cui perdonerete i peccati saranno perdonati…“». Gesù li sorprende affidando loro il compito di prolungare  nel tempo la sua missione. Non li giudica, non li umilia. Nulla. Li rilancia.  

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In questo suo agire Gesù risorto dice a me e a ciascuno di noi di ripartire. Dice che abbiamo una missione da compiere  e che non è tempo di piangere sul latte versato. Bisogna sempre guardare proiettati verso il futuro. Il Signore non ha  mai fatto conto sulle mie e nostre forze e capacità (cfr 1Cor 12,9: «Ti basta la mia grazia. La mia potenza si manifesta  pienamente nella debolezza»). Lui sa che possiamo amarlo fino ad un certo punto (cfr Gv 21, 15-23: «Pietro mi ami  tu?…»). Sa che il peccato è sempre accovacciato alla porta del nostro cuore (cfr Gen 4,7). Lui sa. Siamo noi forse che  ancora non conosciamo Lui, che ancora una volta mette il suo tesoro «in vasi di creta» (2Cor 4,7).  

vv. 24-29: «Tommaso, uno dei Dodici, detto Didimo, non era con loro… Gli dicevano: “Abbiamo visto il Si gnore!”. Ma egli disse loro: “Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei  chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo. Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa  e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «”Pace a voi”. Poi disse a Tommaso: “Metti qui il tuo dito…”. Gli rispose Tommaso: “Mio Signore e mio Dio!”.  La prima parte del brano è contestualizzata nella «sera dello stesso giorno», cioè il giorno della risurrezione. Ora ci  troviamo «otto giorni dopo». Un dato cronologico che suggerisce che la Comunità ha compreso fin dall’inizio l’im portanza di radunarsi nel giorno che riporta alla risurrezione. Ha compreso che questo evento di salvezza chiede di  essere vissuto e ricordato insieme, come disse loro Gesù: «Fate questo in memoria di me».

Questo «fate» implica lo  «stare insieme», «ascoltare la Parola, ricordare quanto Gesù ha detto», implica la «frazione del pane», «l’aiuto a chi  è in difficoltà» (cfr At 2,42, I lettura). Tommaso era assente la prima volta, non era con i fratelli nella fede: e non ha  creduto alla loro testimonianza. Oggi, dice il testo, c’è anche Tommaso. Ancora una volta Gesù appare e dona la  «pace», primo dono di Gesù risorto. Poi si rivolge direttamente a Tommaso e va incontro alla sua incredulità.

Anche  in questo caso non c’è una parola di giudizio, ma un farsi attento, prossimo alla fatica del credere. Gesù invita Tom maso a fare esperienza della sua presenza: vedere e toccare. Ed egli fa esperienza viva di Gesù risorto perché insieme  ai suoi compagni, fratelli nella fede. Non c’è autentica esperienza di Gesù risorto se non nella comunità/chiesa, lì  dove il Signore ci ha convocati. In fondo questo essere presenti «otto giorni dopo» è un atto di obbedienza a Gesù,  è un riconoscere che il Signore ha dato loro appuntamento nell’ottavo giorno. L’essere presenti è risposta a un Dio  che ci ha chiamati, che ci ha attirati con legami di bontà (cfr Os 11,4). È risposta d’amore un Amore che chiama, che  attira.  

Tommaso oggi c’è. Col peso della sua incredulità, con la fatica del tenere il passo degli altri. Tommaso c’è. E una  volta incontrato il Signore risorto, aver fatto esperienza di Lui, è in grado di esprimere la più alta e bella espressione di fede: «Mio Signore e mio Dio». Né Pietro né il discepolo amato arrivano a dire queste parole! Ma Tommaso, l’in credulo, il sospettoso. Lui, nella povertà della sua vita, professa la fede nel suo Signore con parole uniche in tutto il  Nuovo testamento. Ancora una volta il Signore risorto manifesta la sua libertà, dimostra che non c’è sospetto, dub bio, fatica, fragilità che possa ostacolare il nostro stare con Lui e il ricevere il compito di farci messaggeri del suo  vangelo.

Questo annuncio ha al primo posto «il perdono di Dio»: «A coloro a cui perdonerete i peccati saranno per donati». Ecco il cuore del vangelo: Dio ama. Dio perdona. Solo il perdono di Dio aiuta a uscire dalle proprie paure,  dai propri blocchi, dai propri sepolcri! I discepoli erano chiusi nel cenacolo per paura. Ormai il loro sogno si era sgretolato su quella croce. qui il Signore Gesù li raggiunge. Entra nel loro sepolcro, Lui che era uscito dal Suo! Quando i  discepoli ormai non si aspettano più nulla, irrompe Gesù e porta pace e coraggio, pace e gioia, pace e misericordia.  A partire da quest’incontro di salvezza, i discepoli usciranno dal sepolcro di quella stanza e, da viventi, annunceranno  fino al martirio le grandi cose compiute da Gesù, il crocifisso risorto.

Lo faranno sull’esempio del Maestro, raggiungendo ciascuno nella propria concretezza di vita, nelle sua reale situazioni. Porteranno la parola del vangelo, aiuteranno la gente ad uscire dai sepolcri delle loro paure e difficoltà, come Gesù fece con l’amico Lazzaro. Porteranno la  luce del vangelo ai ciechi che non vedono speranza, come Gesù fece col cieco nato. Indicheranno in Gesù e nella sua  Parola l’acqua viva e vera che zampilla per la vita eterna, come Gesù con la Samaritana.

Aiuteranno a comprendere  che solo in Gesù è possibile trovare la forza per vincere la battaglia delle tentazioni che fanno parte della vita (I  domenica di quaresima). Aiuteranno a capire che seppur fragili e deboli, restiamo amati da un Dio che ha dato la vita  per noi (Le ceneri). I discepoli percorreranno le vie della Palestina per dire a tutti che Gesù ha vinto su ogni solitudine  donandoci una vita fraterna, rendendoci Corpo (cfr 1Cor 12,12ss). Un «Corpo», una fraternità di amici che si rende  visibile ogni otto giorni attorno all’Eucaristia. Questo, e solo questo, ci renderà testimoni viventi e credibili. 

Leggi qui la preghiera per questa domenica.

Il commento al Vangelo di domenica 16 aprile 2023 curato da don Andrea Vena. Canale YouTube.