Don Luciano Labanca – Commento al Vangelo del 9 Aprile 2023

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I racconti della resurrezione, sia nella versione giovannea, come anche nei sinottici, hanno tutti un elemento in comune: non rivelano i dettagli dell’evento, come per esempio accade con la passione, ma soltanto gli effetti e i segni dello stesso. La resurrezione di Cristo è l’evento centrale della nostra fede, la regione e il fondamento del nostro essere cristiani, la prova provata che Dio sia venuto in mezzo a noi per salvarci ad aprirci le porte dell’eternità, è il miracolo dei miracoli, la prova della sua divinità.

Come sia accaduto, non lo sappiamo. È un mistero: non nel senso di qualcosa di oscuro e nascosto, ma nel senso dell’etimologia della parola mistero (dal greco myo, chiudere la bocca), qualcosa di così grandioso, da stupire, da farci chiudere la bocca. Più che qualcosa di oscuro, dunque, la risurrezione è luce abbagliante, che supera la capacità dei nostri occhi. Questo evento esplosivo causa una reazione a catena, in un movimento che da quella mattina non si è più fermato. Un movimento che è arrivato fino a noi, nella testimonianza della fede e che – come discepoli di Cristo – ci auguriamo di non fermare, ma di poter a nostra volta consegnare a chi verrà dopo di noi.

La fede nella risurrezione noi l’abbiamo ricevuta e  è nostro compito riconsegnarla a chi verrà dopo di noi. È un grande dono, ma anche una grande responsabilità! Siamo chiamati ad essere “uomini pasquali”, a vivere un’esistenza da risorti. Tornando al brano evangelico, la prima testimone, Maria di Magdala, vedendo con gli occhi la pietra divelta inizia la corsa verso i discepoli. Ricevendo l’annuncio, anch’essi ne sono contagiati e corrono a loro volta.

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In questo vortice, come da sempre nella storia, c’è chi corre più rapidamente e chi corre più lentamente, ma il punto di arrivo rimane lo stesso: l’incontro con il mistero di Cristo. Il discepolo amato coglie il segno dei teli riposti, ma attende. Quando arriva Pietro, anch’egli vide i teli, ma nota anche il particolare del sudario posto in un luogo a parte. Ciascuno ha la propria originalità nel cogliere un aspetto del mistero: questa è la bellezza della fede. Esistono tante esperienze di fede, quanti sono gli uomini.

Eppure tutte hanno il punto comune, che è l’amicizia con la persona vivente e vera di Cristo. Ci si può arrivare per vie differenti, con tempi ed esperienze differenti, ma attorno a Lui, tutti i credenti formano un solo corpo, la sua Chiesa. Quando con la potenza dello Spirito, come il discepolo amato, siamo in grado di superare la semplice visione materiale per entrare nella comprensione spirituale, si apre anche per noi la porta della fede. Accogliendo la testimonianza di Maria di Magdala e degli Apostoli, che ci è stata consegnata nella Scrittura, in questa Pasqua, siamo invitati a rinnovare la nostra professione di fede nel Vivente. Quello che era il crocifisso, schiacciato dal peccato del mondo, è risorto vittorioso e non muore più.

Chi crede in Lui non muore, ma passa dalla morte alla vita. Lo crediamo davvero? Sappiamo che è la verità della nostra esistenza?

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