Pace e bene, prepariamo i cuori alla gioia della Pasqua, lasciandoci prendere per mano dal Signore che viene a vincere la morte e le nostre morti interiori.
A noi fidarci e affidarci, per fare anche noi Pasqua, passando dal nostro io a Dio, dall’essere ripiegati su di noi all’amore per gli altri…
Gioia mia, Cristo è Risorto!
È veramente Risorto, alleluja!
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Lasciamo che la gioia della Pasqua permei nei nostri cuori. Cristo ha vinto la morte per noi e in Lui anche noi possiamo essere vittoriosi. Sì, Gesù ha vinto per noi e offre questa vittoria anche a noi, che possiamo “far nostra” mediante la fede in Lui, aprendogli il cuore e decidendoci a seguirne le orme, magari con rinnovato entusiasmo.
Come ha ricordato splendidamente padre Cantalamessa: «Alcuni Padri della Chiesa hanno racchiuso in una immagine l’intero mistero della redenzione. Immagina, dicono, che si sia svolta, nello stadio, un’epica lotta. Un valoroso ha affrontato il crudele tiranno che teneva schiava la città e, con immane fatica e sofferenza, lo ha vinto. Tu eri sugli spalti, non hai combattuto, non hai né faticato né riportato ferite. Ma se ammiri il valoroso, se ti rallegri con lui per la sua vittoria… insomma, se tanto deliri per lui, da considerare come tua la sua vittoria, io ti dico che tu avrai certamente parte al premio del vincitore. Ma c’è di più: supponi che il vincitore non abbia alcun bisogno per sé del premio che ha conquistato, ma desideri, più di ogni altra cosa, vedere… l’incoronazione dell’amico, in tal caso quell’uomo non otterrà forse la corona, anche se non ha né faticato né riportato ferite? Certo che l’otterrà! Così, dicono questi Padri, avviene tra Cristo e noi. Egli, sulla croce, ha sconfitto l’antico avversario”. “Le nostre spade – esclama san Giovanni Crisostomo – non sono insanguinate, non siamo stati nell’agone, non abbiamo riportato ferite, la battaglia non l’abbiamo neppure vista, ed ecco che otteniamo la vittoria. Sua è stata la lotta, nostra la corona. E poiché siamo stati anche noi a vincere, imitiamo quello che fanno i soldati in questi casi: con voci di gioia esaltiamo la vittoria, intoniamo inni di lode al Signore” . Non si potrebbe spiegare in modo migliore il senso della liturgia che stiamo celebrando. Ma tutto questo non avviene automaticamente… Questo avviene con la fede… In una omelia pasquale del IV secolo, il vescovo pronunciava queste parole straordinariamente moderne e, si direbbe, esistenziali: “Per ogni uomo,
il principio della vita è quello, a partire dal quale Cristo è stato immolato per lui. Ma Cristo è immolato per lui nel momento in cui egli riconosce la grazia e diventa cosciente della vita procuratagli da quell’immolazione” . Questo è avvenuto sacramentalmente nel battesimo, ma deve avvenire consapevolmente sempre di nuovo nella vita».
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La risurrezione di Gesù non è un semplice ritorno a questa vita mortale, ma è un “salto” in una qualità di vita totalmente altra, divina. Qualcosa che supera ogni immaginazione, tant’è che i discepoli, nel Vangelo di oggi, non avevano compreso cosa significasse quella “risurrezione dai morti” della quale Gesù aveva parlato loro. Il discepolo amato, giunto per primo al sepolcro, correndo sulle ali dell’amore, inizia ad entrare in questo mistero facendo memoria delle parole di Gesù che illuminano di senso quella scena, che parla di vita in un luogo di morte: il sepolcro vuoto, il sudario piegato a parte…
Contempliamo questa scena, fermiamoci sul pensiero del Risorto. Lasciamo che la sua luce illumini le nostre morti, i nostri lutti, la nostra solitudine. Lasciamo che il profumo della sua vita risorta, vita spesa per amore nella fedeltà al Padre, impregni la nostra vita, muovendo i nostri cuori a conversione. Sì, Gesù è risorto non semplicemente perché era Dio, ma perché ha vissuto tutto e sempre da Figlio di Dio, fidandosi del Padre, amandoci sino alla fine. Lui è la via, questa è la via per vivere da risorti. Che la Pasqua del Signore possa aiutarci a uscire dai nostri sepolcri, e riscoprire la gioia del seguirlo sulla via dell’amore.