don Lucio D’Abbraccio – Commento al Vangelo del 9 Aprile 2023

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Non abbiate paura, seguitemi!

Veglia della Notte santa, la Madre di tutte le veglie. Così S. Agostino definisce questa celebrazione. Essa si colloca al cuore dell’Anno liturgico, al centro di ogni celebrazione. Ad essa si preparavano i nuovi cristiani, in essa speravano i peccatori, tutti potevano di nuovo attingere dalla mensa ai “cancelli celesti”. In essa si celebrano non solo i fatti della risurrezione, ma anche quelli della passione di Cristo.

Ebbene, in questa santa Notte la liturgia ci ha fatto leggere il Vangelo della risurrezione di Gesù Cristo che inizia con il cammino delle donne verso il sepolcro, all’alba del giorno dopo il sabato: «Dopo il sabato, all’alba del primo giorno della settimana, Maria di Màgdala e l’altra Maria andarono a visitare la tomba». Esse, dunque, vanno alla tomba, per onorare il corpo del Signore, ma la trovano aperta e vuota. Orbene, Matteo scrive che «Un angelo del Signore, sceso dal cielo, rotolò la pietra e si pose a sedere su di essa. Il suo aspetto era come folgore e il suo vestito bianco come neve». Quest’angelo potente dice loro: «Voi non abbiate paura!», e ordina di andare a portare la notizia ai discepoli: «È risorto dai morti, ed ecco, vi precede in Galilea».  Le donne corrono via subito, e lungo la strada Gesù stesso si fa loro incontro e dice: «Non temete; andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea: là mi vedranno». “Non abbiate paura”, “non temete”: è una voce che incoraggia ad aprire il cuore per ricevere questo annuncio.

Dopo la morte del Maestro, i discepoli si erano dispersi; la loro fede si era infranta, tutto sembrava finito, crollate le certezze, spente le speranze. Ma ora, quell’annuncio delle donne, benché incredibile, giungeva come un raggio di luce nel buio. La notizia si sparge: Gesù è risorto, come aveva predetto. E anche quel comando di andare in Galilea; per due volte le donne l’avevano sentito, prima dall’angelo, poi da Gesù stesso: «Che vadano in Galilea, là mi vedranno».

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La Galilea è il luogo della prima chiamata, dove tutto era iniziato! Tornare là, tornare al luogo della prima chiamata. Sulla riva del lago Gesù era passato, mentre i pescatori stavano sistemando le reti. Li aveva chiamati, e loro avevano lasciato tutto e lo avevano seguito (cf Mt 4,18-22).

Ritornare in Galilea vuol dire rileggere tutto a partire dalla croce e dalla vittoria; senza paura, “non temete”. Rileggere tutto – la predicazione, i miracoli, la nuova comunità, gli entusiasmi e le defezioni, fino al tradimento – rileggere tutto a partire dalla fine, che è un nuovo inizio, da questo supremo atto d’amore.

Anche per ognuno di noi c’è una “Galilea” all’origine del cammino con Gesù. “Andare in Galilea” significa qualcosa di bello, significa per noi riscoprire il nostro Battesimo come sorgente viva, attingere energia nuova alla radice della nostra fede e della nostra esperienza cristiana. Tornare in Galilea significa anzitutto tornare lì, a quel punto incandescente in cui la Grazia di Dio mi ha toccato all’inizio del cammino. È da quella scintilla che posso accendere il fuoco per l’oggi, per ogni giorno, e portare calore e luce ai miei fratelli e alle mie sorelle. Da quella scintilla si accende una gioia umile, una gioia che non offende il dolore e la disperazione, una gioia buona e mite.

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Nella vita del cristiano, dopo il Battesimo, c’è anche un’altra “Galilea”, una “Galilea” più esistenziale: l’esperienza dell’incontro personale con Gesù Cristo, che mi ha chiamato a seguirlo e a partecipare alla sua missione. In questo senso, tornare in Galilea significa custodire nel cuore la memoria viva di questa chiamata, quando Gesù è passato sulla mia strada, mi ha guardato con misericordia, mi ha chiesto di seguirlo; tornare in Galilea significa recuperare la memoria di quel momento in cui i suoi occhi si sono incrociati con i miei, il momento in cui mi ha fatto sentire che mi amava.

Oggi, in questa notte, ognuno di noi può domandarsi: qual è la mia Galilea? Dov’è la mia Galilea? La ricordo? L’ho dimenticata? Cerchiamola e la troveremo! Lì ci aspetta il Signore. Siamo andati per strade e sentieri che ce l’hanno fatta dimenticare. E allora, Signore, aiutaci: dicci qual è la nostra, la mia Galilea; noi, io voglio ritornare là per incontrarti e lasciarmi abbracciare dalla tua misericordia.

Il Vangelo è chiaro: bisogna ritornare là, per vedere Gesù risorto, e diventare testimoni della sua risurrezione. Non è un ritorno indietro, non è una nostalgia. È ritornare al primo amore, per ricevere il fuoco che Gesù ha acceso nel mondo, e portarlo a tutti, sino ai confini della terra. E allora torniamo in Galilea senza paura.

Mettiamoci in cammino perché il Risorto ci aspetta in Galilea e ci invita a tornare al tempo e al luogo del primo amore per dirci: “Non abbiate paura, seguitemi”. Amen!

Fonte

Don Lucio D’Abbraccio

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