Gesù prima di morire ha fatto una cosa sorprendente, sapendo infatti quello che avrebbe dovuto affrontare da lì a poche ore, decise di cenare con i suoi amici, i suoi discepoli, che poteremmo anche chiamare la sua famiglia, purché sia chiaro che non parliamo di una parentela che si fonda su legami terreni ma su legami spirituali.
E questa cena non è solo un momento pensato per lui e per quei dodici apostoli che gli stavano attorno, ma è una cena che ha pensato soprattutto per noi e per i cristiani di ogni generazione a venire. Gesù ripete nei Vangeli: fate questo in memoria di me, e anche dopo aver lavato i piedi ai suoi discepoli in quell’ultima cena disse: Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi. Quella cena deve diventare la nostra cena, Gesù ci vuole suoi commensali, e ci ha insegnato non solo cosa dobbiamo dire e cosa fare per essere suoi discepoli, ma ci ha lasciato un esempio di discepolato che è una questione di stile, fatto di amicizia, di relazioni sincere, di gesti di servizio reciproco, di solidarietà.
Giuda non è riuscito ad entrare in questa dinamica di amicizia ed è stato divorato dall’avarizia. Infatti, le tentazioni possono essere sempre in agguato per ciascuno di noi, pronte a colpire dove siamo più deboli, e a volte la forza di volontà non riesce a vincerle, quella voce interiore che dice non devi fare questo e non devi fare quello viene sopraffatta dalle inclinazioni cattive. Ma una buona amicizia è più forte della volontà, e dove la volontà fallisce l’amicizia ha successo, ed è in nome dell’amicizia che noi riusciamo a diventare persone migliori, e riusciamo perfino a dare la vita per gli altri.
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Ecco l’esempio che Gesù ci ha lasciato spezzando il pane per noi, condividendo il calice del vino e chinandosi per lavare i nostri piedi, ci ha trattati da amici, questo è l’esempio da seguire.
Fonte: il canale YOUTUBE di fra Stefano