don Pasquale Giordano – Commento al Vangelo del 4 Aprile 2023

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Martedì della Settimana Santa

Dal libro del profeta Isaìa Is 49,1-6

Io ti renderò luce delle nazioni, perché porti la mia salvezza fino all’estremità della terra. (Secondo canto del Servo del Signore)

Ascoltatemi, o isole,

udite attentamente, nazioni lontane;

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il Signore dal seno materno mi ha chiamato,

fino dal grembo di mia madre ha pronunciato il mio nome.

Ha reso la mia bocca come spada affilata,

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mi ha nascosto all’ombra della sua mano,

mi ha reso freccia appuntita,

mi ha riposto nella sua farètra.

Mi ha detto: «Mio servo tu sei, Israele,

sul quale manifesterò la mia gloria».

Io ho risposto: «Invano ho faticato,

per nulla e invano ho consumato le mie forze.

Ma, certo, il mio diritto è presso il Signore,

la mia ricompensa presso il mio Dio».

Ora ha parlato il Signore,

che mi ha plasmato suo servo dal seno materno

per ricondurre a lui Giacobbe

e a lui riunire Israele

– poiché ero stato onorato dal Signore

e Dio era stato la mia forza –,

e ha detto: «È troppo poco che tu sia mio servo

per restaurare le tribù di Giacobbe

e ricondurre i superstiti d’Israele.

Io ti renderò luce delle nazioni,

perché porti la mia salvezza

fino all’estremità della terra».

Come freccia nella mano di Dio per centrare il bersaglio della salvezza

Il profeta si rivolge a tutti coloro che, Israeliti o pagani, si trovano in una condizione di solitudine e di emarginazione. Il Servo di Dio non grida né alza la voce per farsi udire perché gli ultimi a cui parla sono i suoi compagni nella sofferenza. La sua è una parola di consolazione e speranza. Comprende il dolore e la delusione di chi pensa di aver vissuto invano e non vede speranza di riscatto dalla propria condizione di prostrazione. Anche il profeta sperimenta la solitudine di chi vede ricambiare il bene fatto col male. I fallimenti della vita rivelano chi ama veramente e rimane fedele nell’amicizia.

L’ipocrisia e le amicizie interessate, che svaniscono nel nulla nel momento del bisogno, graffiano l’anima facendola sanguinare. Ci si sente usati e poi gettati via. Il profeta, che pure comprende la lamentazione del giusto, confessa la sua fede in Dio che lo ha scelto per pura grazia, senza alcun suo merito, sin dal grembo materno. Nella debolezza comprende che il Signore lo ha eletto a strumento del suo progetto di salvezza. Anche se pensa di essere un fallito, Dio con la sofferenza tempra il suo spirito perché egli confidi solamente in Lui e non negli uomini. La salvezza è il bersaglio da centrare con la freccia.

Essa, nel pensiero di Dio, è la comunione, non solo d’Israele, ma di tutti gli uomini. Il profeta si dichiara disponibile ad essere strumento nelle mani di Dio perché si compia la sua volontà. Egli non lo lascerà nella tristezza ma lo eleggerà a segno luminoso per tutti i popoli perché riconoscano a quale altissima vocazione il Signore li chiama. Siamo tutti chiamati alla santità, a formare un’unica famiglia con Dio e un solo popolo tra noi.

+ Dal Vangelo secondo Giovanni Gv 13,21-33.36-38

Uno di voi mi tradirà… Non canterà il gallo, prima che tu non m’abbia rinnegato tre volte.

In quel tempo, [mentre era a mensa con i suoi discepoli,] Gesù fu profondamente turbato e dichiarò: «In verità, in verità io vi dico: uno di voi mi tradirà».

I discepoli si guardavano l’un l’altro, non sapendo bene di chi parlasse. Ora uno dei discepoli, quello che Gesù amava, si trovava a tavola al fianco di Gesù. Simon Pietro gli fece cenno di informarsi chi fosse quello di cui parlava. Ed egli, chinandosi sul petto di Gesù, gli disse: «Signore, chi è?». Rispose Gesù: «È colui per il quale intingerò il boccone e glielo darò». E, intinto il boccone, lo prese e lo diede a Giuda, figlio di Simone Iscariòta. Allora, dopo il boccone, Satana entrò in lui.

Gli disse dunque Gesù: «Quello che vuoi fare, fallo presto». Nessuno dei commensali capì perché gli avesse detto questo; alcuni infatti pensavano che, poiché Giuda teneva la cassa, Gesù gli avesse detto: «Compra quello che ci occorre per la festa», oppure che dovesse dare qualche cosa ai poveri. Egli, preso il boccone, subito uscì. Ed era notte.

Quando fu uscito, Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. Figlioli, ancora per poco sono con voi; voi mi cercherete ma, come ho detto ai Giudei, ora lo dico anche a voi: dove vado io, voi non potete venire».

Simon Pietro gli disse: «Signore, dove vai?». Gli rispose Gesù: «Dove io vado, tu per ora non puoi seguirmi; mi seguirai più tardi». Pietro disse: «Signore, perché non posso seguirti ora? Darò la mia vita per te!». Rispose Gesù: «Darai la tua vita per me? In verità, in verità io ti dico: non canterà il gallo, prima che tu non m’abbia rinnegato tre volte».

La prova dei fatti

Dopo il gesto della lavanda dei piedi ai discepoli Gesù rivela loro l’imminente tradimento che darà l’avvio alla sua passione. La piccola comunità passa dallo stupore allo sconcerto. Il traditore è in mezzo ai Dodici. Solo il discepolo amato sa quale sia il collegamento tra l’offerta del boccone a Giuda e le parole che Gesù gli rivolge. Il discepolo amato è testimone della consapevolezza che Gesù aveva del fatto che Giuda l’avrebbe tradito. Il boccone è un chiaro messaggio di amicizia che Gesù gli rivolge. Satana entra in campo e gioca di anticipo. Giuda prende il boccone, ma non si dice che lo mangi.

Volendo dare una lettura eucaristica a questo gesto possiamo intravedere nel boccone il dono dell’amore di Dio offerto a ciascuno di noi, non per i nostri meriti ma per pura grazia. I sacramenti sono l’aiuto di Dio datoci perché possiamo umanizzarci. Satana si oppone alla umanizzazione operata dalla grazia di Dio. Gesù spinge Giuda ad uscire fuori dalla zona grigia dell’indecisione e di fare una scelta di campo. I gesti e le parole di Gesù rivelano la pace del cuore anche se l’anima è scossa da emozioni contrastanti.

L’amore è la luce interiore che brilla nella notte. Questa luce è offerta anche a Giuda perché, accogliendola, possa volgere al bene la sua volontà. Giuda invece esce perdendosi nella notte che abita il suo cuore. Questo accade ogni volta in cui fraintendiamo la misericordia di Dio e alla sua amicizia non diamo quel peso che meriterebbe. I sacramenti non agiscono in noi magicamente ma operano il cambiamento solamente se la libertà che ci viene offerta decidiamo di spenderla per Dio, se il dono della sua amicizia lo investiamo per creare legami di fraternità.

In noi non c’è solo Giuda, ma c’è anche Pietro che con spavalderia professa a parole la sua intenzione di sacrificare la sua vita per Gesù se fosse necessario. Non comprende cosa gli impedisca di seguire Gesù lì dove sta andando. Nella preghiera le parole si sprecano e crediamo a volte di voler quasi convincere Dio della nostra buona fede. Quello che ci difetta non sono le buone intenzioni, ma la capacità di passare dalle parole ai fatti.

Alla prova dei fatti emerge la verità: la misericordia Dio splende nella miseria dell’uomo. Non possiamo confondere la gloria di Dio con l’eroismo umano perché è come se ci convincessimo che la luce del sole possa essere sostituita da quella di una lampadina, anche la più potente. Non potremmo mai amare veramente se prima non ci lasciamo amare da Dio. Non potremmo arrivare a dare la nostra vita per lui e per i fratelli se prima non contempliamo e adoriamo l’amore di Dio crocifisso. 

Leggi la preghiera del giorno.

Commento a cura di don Pasquale Giordano
Vicario episcopale per l’evangelizzazione e la catechesi e direttore del Centro di Spiritualità biblica a Matera

Fonte – il blog di don Pasquale “Tu hai Parole di vita eterna