Paolo Curtaz – Commento al Vangelo del 4 Aprile 2023

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Giovanni, il discepolo amato, ha appena ascoltato, colmo di tristezza, l’annuncio del tradimento durante l’ultima cena. Cala il gelo nella stanza al piano superiore addobbata per la festa. Pietro guarda Giovanni e Giovanni, steso al fianco di Gesù, reclina indietro il capo e gli chiede: chi è? Il capo di Giovanni si viene trovare all’altezza del cuore del Maestro.

Un cuore traboccante d’amore, un cuore dolente disposto ad andare fino in fondo, un cuore consapevole di quanto sta per accadere. Quest’immagine ha da sempre colpito i discepoli. Potessimo appoggiare il nostro capo al cuore di Dio! Potessimo anche noi sfiorare il mistero insondabile del suo amore! Giovanni accoglie quel battito pacato e determinato, intenso e leggero…

Se Gesù avesse tirato al suo petto Giuda! Se gli avesse fatto sentire quanto fosse amato! Giuda è travolto dalla delusione, anche il gesto di ricevere il pane dalle mani del Maestro viene male interpretato. Esce, si allontana, fugge l’amore che si dona, ed è notte, nel suo cuore. Ora che è uscito Gesù, inspiegabilmente, parla di gloria, della sua glorificazione. Ma non sta per essere tradito?

Sì, certo, ma ora Gesù potrà mostrare a Giuda e al mondo quanto lo ama. Potrà andare fino in fondo, potrà mostrare quanto lo (ci) ama. Giuda è perso; sì: ma il Signore non è venuto proprio a salvare la pecora che si è perduta? Non è venuto esattamente per ricondurre al Padre chi fra noi se ne è allontanato?

Ma non è finita: Gesù salva Giuda dal suo tradimento e Simone dal suo narcisismo spirituale. Pietro vuole dare la sua vita per il Signore. No, Pietro, sarà lui, il Signore, a dare la sua vita per te (e per me). No, Pietro, non sei tu il Salvatore. Sì: è solo il Maestro, i suoi non capiscono, non vedono, come potrebbero chiusi ancora nelle loro ristrette visioni spirituali? Ma non è la disperazione a prevalere in Gesù, o la paura, nei suoi gesti e nelle sue parole. Ma, piuttosto, un fiume incandescente ed inarrestabile d’amore.

Il dono definitivo di sé sta per giungere a compimento. A partire dai suoi.

Fonte: Il mensile “Amen – la Parola che salva

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