«Ma Gesù di nuovo gridò a gran voce ed emise lo spirito».
O mio Signore Gesù, ecco fino a che punto hai voluto amarci, «fino alla fine», fino ai limiti ultimi della tua umanità, fino a morire per noi, fino a donarci questo segno supremo d’amore, il più grande che un uomo possa dare: «Non c’è amore più grande che dare la propria vita per chi si ama», dicevi qualche ora fa… Oh! Mio Dio, grazie, grazie, grazie! Come arrossisco, mio Dio, del mio povero grazie! Cos’è una parola per ringraziare di un tale dono, di un tale amore… Oh! mio Dio, mi do a Te, senza limiti e senza riserve, ti dono il mio corpo e la mia anima, la mia vita, tutti i miei istanti, tutto il mio essere, tutto quello che ho… Ti dono il mio cuore perché vi regni tu solo… Amerò te solo, in vista di Te, e ogni altra cosa solamente a causa tua, perché lo vorrai tu e finché lo vorrai tu!…
Ma, mio Dio, arrossisco offrendoti questo povero piccolo niente che sono. Per quanto completamente io mi offra a te, che cosa sono e cos’è una tale offerta di un vermiciattolo per ringraziare del dono di un Dio?… Oh! Mio Dio, una sola cosa può renderti grazie… Sembrerebbe che fosse impossibile a delle creature ringraziarti del tuo sangue, della tua morte… Ebbene! No, è possibile, tanto sei buono; è possibile, grazie a Te, attraverso di Te; è possibile attraverso quest’altro dono di tutto Te stesso che hai fatto ieri sera; attraverso questo dono di ieri sera, Tu Ti sei donato a noi in modo così totale, e ti sei dato a noi così completamente come fai sulla croce, e Ti sei messo nelle nostre mani, per poter essere offerto a Te stesso, come offerta di un valore infinito, come dono di Dio stesso, dono pari a quello che fai di Te stesso sulla croce…
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Oh! Mio Dio, sei così buono, così buono, che hai voluto che potessimo pienamente e perfettamente ringraziarTi, noi, così piccoli, del dono di tutto Te stesso, del dono di un Dio che muore per noi… E per questo Ti sei messo Tu stesso completamente nelle Tue mani… Oh! Mio Dio, non è una parola che Ti offriamo nelle azioni di grazie, non è tutto il nostro essere così povero, e così nudo, è Te stesso, completamente, la Divinità stessa, nella sua infinita perfezione e in uno stesso tempo la tua Santissima umanità, con le tracce delle sue sofferenze e della sua passione… Ti rendiamo nelle azioni di grazie tanto quanto ci hai dato! Oh! Mio Dio, come sei buono!
Come sei infinitamente e delicatamente buono! Buono ad averci amato fino all’eccesso, noi vermi della terra, Tu Dio, morire per noi e morire sulla Croce! E grazie di averci amati fino a questo eccesso di averci lasciato prima di morire il mezzo di offrire Te stesso a Te stesso e così di compiere ciò che è «impossibile agli uomini, ma possibile a Dio», di ringraziarti molto perfettamente, molto completamente di tutti i tuoi benefici, anche della santa Eucaristia, anche della tua morte sulla croce. Offriamo dal più profondo dei nostri cuori, con il maggior zelo possibile, il più spesso possibile, il più perfettamente possibile, questo dono di Dio Stesso a Dio, ringraziando dei suoi benefici e soprattutto di questo doppio dono di Lui che ci ha fatto, al cenacolo e sulla croce!…
Offriamolo con tutto lo zelo possibile, cioè con tutto l’amore del nostro cuore, con un amore che bisogna cercare, con la preghiera e con le opere, di far crescere incessantemente… Il più spesso possibile, tutti i giorni, come l’obbedienza e la possibilità materiale ce lo permettono (facciamo tutto quello che ci è possibile perché questo avvenga davvero tutti i giorni; e quando l’obbedienza o alcuni ostacoli materiali, contro i quali non possiamo niente, come la malattia, o alcuni viaggi necessari per il servizio di Dio e senza possibilità d’interruzione [ce lo impediscono], allora facciamo almeno questa offerta spiritualmente)… Il più perfettamente possibile: possiamo fare questa offerta soprattutto in quattro maniere:
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1) la maniera più imperfetta è di farla in modo puramente spirituale, cosa che si può fare in ogni tempo e in ogni luogo e anche quanto spesso lo si vuole ogni giorno;
2) nella partecipazione alla Santa Messa;
3) nel ricevere la Santa Comunione, maniera molto perfetta, e molto al di sopra delle prime due, nonostante la seconda abbia già un grande valore (la prima maniera essa stessa è molto gradita a Dio e ha un ammirevole valore);
4) nella celebrazione della Santa Messa, maniera interamente perfetta e attraverso la quale realmente e perfettamente, completamente, rivestiti dei poteri di Gesù stesso, rappresentanti di Gesù, offriamo Dio a Dio, da parte di Dio, in qualità di rappresentanti di Dio;
questa quarta maniera è assolutamente perfetta in se stessa: con essa rendiamo a Dio una gloria ammirevole, infinita, la più grande che possano renderGli gli uomini, senza alcun paragone poiché essi Gli offrono in questo modo non delle azioni umane divinizzate dalla grazia, nemmeno delle azioni divine (si possono in qualche modo chiamare così queste azioni così perfette dei Santi, ispirate e compiute dalla grazia di Dio), ma Dio stesso…
Se Dio, attraverso la bocca dei suoi rappresentanti ci chiama alla grazia del Sacerdozio, guardiamoci dal rifiutare, malgrado la nostra indegnità (dopo averla fatta conoscere tuttavia, affinché i rappresentanti di Dio che ce lo offrono agiscano con cognizione di causa), accettiamo con sollecitudine, non in vista di noi, ma in vista di Dio, perché è per Dio il mezzo per ricevere la maggior gloria senza paragoni che possa ricevere da noi; non abbiamo alcun altro mezzo di glorificare tanto Dio, senza paragone, se non di ricevere il Sacerdozio; desideriamo dunque riceverlo, con lo stesso ardore di desiderio con cui desideriamo la gloria di Dio, e in vista di essa sola: mettendo a questo desiderio di ricevere i santi Ordini una sola condizione, un solo limite, quello che mettiamo al nostro desiderio della gloria di Dio, cioè la volontà divina… Per quanto ardentemente vogliamo la manifestazione esteriore della gloria di Dio, non la vogliamo che nella misura, nei limiti nei quali Dio stesso la vuole; per quanto ardentemente vogliamo ricevere il sacerdozio in vista della glorificazione Dio, non lo vogliamo che nella misura, nei limiti nei quali Dio stesso lo vuole, a condizione che lo voglia
Traduzione a cura delle Discepole del Vangelo. Fonte
La vicenda spirituale di Charles de Foucauld (1858-1916) continua anche oggi ad essere motivo di interesse diffuso tra cristiani e non cristiani, poiché si affida a valori umani sempre più cercati, diventati ormai rari nelle nostre comunità civili: il primato di Dio, le relazioni umane, la cura del prossimo, la qualità della vita ordinaria.Il vangelo rimane la parola più autorevole per introdurre il credente ad una vita autentica. Charles de Foucauld ha sostato a lungo sui testi evangelici, per imparare a vivere in modo fedele un’esistenza degna di essere vissuta: una vita a imitazione di Gesù. Le meditazioni sul vangelo di Giovanni, che egli ha realizzato in Terra santa, possono essere considerate come un insieme di lezioni di vita cristiana, una raccolta di indicazioni pedagogiche per imparare, giorno dopo giorno, a seguire il Signore nella propria condizione di vita, in ascolto delle reali esigenze del mondo d’oggi.
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Immagine iniziale: ERMITAGE PERE CHARLES DE FOUCAULD – ASSEKREM di Salim B su flickr.com