Attraverso la porta della Domenica delle Palme, entriamo nella settimana più santa per noi cristiani. Mai come quest’anno abbiamo bisogno di questi giorni per imparare la via d’uscita dal buio in cui ci sentiamo prigionieri.
Per questo i giorni di questa settimana sono un grande esercizio di discepolato. Dobbiamo imparare ad andare dietro a Gesù, seguirlo, rallentando il racconto della Passione fino a farci prossimi a Lui nella sua tristezza, nella sua angoscia, nel suo sentirsi abbandonato, nella sua sofferenza, e solo così scoprire che da soli siamo solo condannati; aggrappati a Lui, invece, possiamo venir fuori da qualunque sepolcro perché Egli ci mostra il giusto modo di vivere ciò che noi sappiamo vivere solo con impotenza, angoscia e panico.
Gesù non ci ha dato la spiegazione della nostra sofferenza, ci ha chiesto di afferrargli la mano. Uniti in quella stretta sperimentiamo davvero il significato della Pasqua: “passare da una situazione di morte a una situazione di vita”.
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Ecco perché, soprattutto nelle difficoltà, lo acclamiamo così come ci insegna il Vangelo di oggi: “Benedetto colui che viene nel nome del Signore”. Egli viene con lo scopo preciso di salvarci.
Oggi, con semplicità, ripetiamo continuamente “Benedetto colui che viene nel nome del Signore”, come una giaculatoria che ci aiuti a fare memoria che Dio ha mandato Suo Figlio a salvarci. E che il buio (qualunque esso sia) ha già le ore contate.
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“I discepoli andarono e fecero quello che aveva ordinato loro Gesù: condussero l’asina e il puledro, misero su di essi i mantelli ed egli vi si pose a sedere”
L’asina di cui Gesù si fa bisognoso per entrare a Gerusalemme è forse l’immagine più bella della Chiesa. Dovremmo essere noi quest’asina che senza pretese di essere cavalli di razza, abbiamo comunque l’onore di portare il Figlio di Dio. E tanto più saremo umili, tanto più parrà evidente che è Gesù che portiamo.
La Settimana Santa inizia con le urla degli “Osanna” rivolti a Gesù; pochi giorni dopo, nel Giovedì Santo diverranno, “sono forse io?”; nel Venerdì Santo,”Crocifiggilo!”; poi si muteranno nel grande silenzio del Sabato Santo per diventare poi lacrime asciugate dal Risorto il giorno di Pasqua.
Commento al brano del Vangelo di: Gv 11,45-56
AUTORE: don Luigi Maria Epicoco
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