Paolo de Martino – Commento al Vangelo del 26 Marzo 2023

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Alla fine del percorso di autenticità, troviamo oggi una delle pagine più inquietanti del Vangelo, la pagina conclusiva prima dell’arresto di Gesù, secondo il racconto di Giovanni. Come in un sapiente montaggio, l’evangelista fa coincidere l’apice della tensione che si è venuta a creare intorno a Gesù con la tragedia della morte improvvisa di Lazzaro, uno dei migliori amici del Nazareno.

Betania
Ci si arriva uscendo dalla Gerusalemme vecchia, attraverso i polverosi sentieri che solcano i poderi coltivati del Monte degli Ulivi.
Tre chilometri appena, per incontrare Lazzaro, Marta e Maria.
Betania, per chi ama Cristo, è un nome fortemente evocativo.
A Betania, dai suoi tre amici, Gesù si rifugiava quando, col cuore gonfio di tensione e d’incomprensione, lasciava la Gerusalemme che uccide i Profeti per trovare un angolo di serenità. Che Mistero, questo luogo!

La quotidianità di un Dio che ama l’amicizia, che resta lunghe ore, dopo cena, a parlare con i tre fratelli ci svela un volto inatteso di Dio.
Così diverso, questo Dio che ha bisogno di parlare della sua missione, del suo cammino, delle resistenze che incontra, da quell’immagine di “Dio-burocrate” che troppe volte abbiamo in mente!
Betania svela il volto di un Dio che sente il bisogno di essere amato, che si disseta della fede della Samaritana, cercatrice di Dio.
Betania è l’icona dell’amicizia tra Dio e l’uomo.
Betania è il segno di un approccio diverso, nuovo, al volto di Dio.

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Proprio su Betania, si abbatte la tragedia: Lazzaro di ammala gravemente.
Qualcuno si prende la briga di avvisare Gesù, di dirgli: “Il tuo amico è malato”. Nella nostra preghiera quotidiana, anche noi siamo chiamati a portare davanti al Signore i nostri amici malati nel cuore e nel corpo. Ogni giorno siamo chiamati a dire al Maestro: “Il tuo amico è malato”
Gesù ora lo sa, ma non fa nulla, e Lazzaro muore.
Che mistero l’apparente silenzio di Dio. Che assordante silenzio, quello di Dio.
Gesù non guarisce Lazzaro, ma scende a vedere, si fa presente.
Giovanni descrive l’incontro di Gesù con Marta e Maria in una situazione all’apparenza drammatica, aspra, eppure soffusa di una tensione di fede che tiene il lettore con il fiato sospeso.

Marta e Maria
Il tumulto è grande, c’è molta gente intorno a Marta e Maria, le nostre amiche sono conosciute e stimate.
Sapendo che arriva il Maestro, finalmente, Marta prima e poi Maria, escono di casa e gli vanno incontro: cercano una Parola, un gesto, uno sguardo.

Lazzaro è morto, Gesù era lontano.
Succede anche alle nostre povere vite: qualcuno muore, e Gesù è lontano.
Qualcosa muore (la fede, la speranza, la fiducia) e Gesù è lontano.
Le sorelle non disperano. Amano.
Non capiscono, non urlano, non inveiscono, né piegano la testa in una rassegnata disperazione.
Attendono, fiduciose. Lazzaro è morto, il loro amato fratello è morto. Ma ora l’amico è qui.
Gesù, forse, non aveva messo in conto tutto questo dolore.

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Forse, per un attimo, Dio si accorge che la dimensione del dolore, di questo dolore, non l’ha ancora vista da vicino.
Certo, ha già visto i mesti cortei funebri che attraversavano i piccoli paesi della Galilea.
Ma erano pur sempre degli sconosciuti, qui è diverso.
Marta e Maria piangono, la folla lo spinge a vedere, Dio viene accompagnato a vedere quanta disperazione suscita la morte.
E qui l’inaudito accade. Gesù prima si commuove, poi scoppia in lacrime.

Dio piange, sapete? Non il Dio imperturbabile, immobile nella sua perfezione e nel suo cinismo, orologiaio perfetto che vede la globalità ed ignora il singolo va a vedere Lazzaro.
No: questo pianto singhiozzante di Gesù rompe gli argini, frantuma i pregiudizi, ci rivela il volto del Dio di Gesù Cristo, il vero volto di Dio.

Dio ora sa.
Un Dio piangente?
Fratello che soffri, sorella che sei divorata dall’angoscia: Dio piange con te.
Potremmo anche noi obiettare, come i presuntuosi farisei: “Non poteva evitare che morisse?”.
E’ vero, sì, forse poteva evitare la morte di Lazzaro.

Ma Dio piange, ora, ora ha conosciuto l’abisso del dolore che vorrà definitivamente abbracciare e redimere.
Qui sta tutta la verità della fede cristiana: preferisco un Dio che piange con me, che condivide il mio dolore, o un Dio asettico che mi risolve i problemi?
Dio piange perché ci ama. Anzi: mi ama, ama me, suo amico.
E’ un volto di Dio completamente nuovo quello che ci appare, così lontano dai nostri tiepidi dubbi, così diverso dalla nostra fede raccogliticcia.

Davanti a questo dolore inatteso, Gesù, l’amico, prende una decisione: darà la sua vita perché Lazzaro torni alle sue amate sorelle.
Una vita per la vita
Giovanni pone quest’episodio appena prima dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme.
Questo miracolo eclatante sarà la goccia che farà traboccare il vaso, la valanga che si distacca e tutto travolge, portandolo a morire. La tensione è alle stelle, i suoi nemici si aspettano un solo microscopico passo falso per denunciarlo.
Gesù lo sa (Tommaso glielo ha detto: andremo a morire!) e accetta lo scambio.

Lo stesso scambio che, da lì a qualche giorno, farà dall’altare della croce per ciascuno di noi.
Ora che Dio conosce il dolore che la morte suscita nei cuori di chi si ama, decide di donare la sua vita.

Vieni fuori
Anche a me, l’amico, Gesù grida: “vieni fuori!”.
Vieni fuori dalla tua tomba, dalle tue tenebre, dalle tue piccole sicurezze, vieni fuori dai tuoi pregiudizi, dai tuoi schemi, dai tuoi egoismi.
La bella notizia di questa domenica? La sua Parola raggiunge le nostre tombe e le apre, le scardina perché nulla può fermare l’efficacia della sua Parola. Nulla.

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