Durante la festa delle capanne, il popolo faceva memoria dei quarant’anni vissuti nel deserto sotto le tende e per una settimana dormiva fuori casa: nel tempio si celebrava la luce, illuminando con le fiaccole il tempio durante la notte e concludendo la settimana liturgica con ‘una solenne processione che portava l’acqua della piscina di Siloe fino al tempio.
Gesù, durante questa settimana, dice di sé di essere la luce del mondo e di dissetare coloro che sono assetati. Gesù vive la festa liturgica facendola dialogare con la sua vita, con la sua missione, come forse dovremmo fare noi in questo tempo di deserto, di essenzialità, di ridefinizione delle nostre priorità. Gesù conosce Dio. Lo conosce come nessun altro uomo lo conosce.
Lo conosce più di quanto lo possa mai conoscere un profeta o un mistico. Lo conosce, così poi capiranno i suoi dopo la resurrezione e l’effusione dello Spirito, perché lui e il Padre sono una cosa sola. Eppure i suoi contemporanei sono perplessi: il Messia sarebbe venuto da Betlemme come discendente di Davide; questo scappato di casa, invece, viene dalla Galilea. E questo dettaglio blocca la loro ricerca, addirittura impedisce loro di accogliere la sua testimonianza!
Poiché questo aspetto rimane irrisolto, tutto il resto non conta. E così si perdono la rivelazione di Dio… Gesù non è un illuminato che ha avuto una straordinaria intuizione su chi sia Dio, ma è la presenza stessa di Dio, il Verbo di Dio diventato uomo per svelare definitivamente il vero volto del Padre. Io non credo in Dio, ma nel Dio che Gesù è venuto a raccontarmi e il cammino di quaresima è esattamente il tempo in cui correggere le nostre distorte visioni di Dio.
Un dio che mi manda le malattie e mi punisce, un dio che ignora il grido dei poveri, un dio che si fa corrompere dalla superstizione non è il Dio di Gesù. Ma sempre dobbiamo combattere con la visione demoniaca di dio che portiamo nel cuore. Fidiamoci di quanto dice Gesù di Dio: parla di qualcuno che conosce.
Fonte: Il mensile “Amen – la Parola che salva“
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