Quaresima è tempo di cambiamento, opportunità per guardare alla propria vita interiore, per fare il punto nave del proprio percorso. Tempo per guardare alle nostre ombre, per affidare a Dio le colpe che abbiamo commesse e che ci allontanano dalla felicità e per diventare uomini e donne di perdono, che sanno perdonare, che fanno della riconciliazione il loro atteggiamento principale.
Ma come si fa a perdonare in un mondo arrabbiato e ostile? Non si corre il rischio di essere travolti dall’odio e dalla violenza? Di essere presi per degli sciocchi, trattati a pesci in faccia? Si, certo. Ma Gesù spiega a Pietro, e a noi, per quale ragione siamo chiamati a perdonare sempre: perché a noi è stato perdonato immensamente di più.
Non perdoniamo perché siamo migliori, né il nostro perdono serve a smuovere colui che perdoniamo che, anzi, a volte irride la nostra debolezza. Perdoniamo sempre perché così abbiamo imparato da Dio. E quel perdono ci ha cambiato la vita, i rabbini al tempo di Gesù consideravano il fatto di perdonare tre volte come un gesto di grande generosità, Pietro, pensando di fare colpo, rilancia: debito del tuo fratello, qualche migliaia di euro, è nulla rispetto ai diecimila talenti del servo della parabola (Con un talento d’argento si affittava una triremi con equipaggio per un mese!).
Perdono che non è amnesia (perdono ma non dimentico) ma scelta. Perdono che non sana sempre l’emozione ma purifica il ricordo e libera l’anima, perché il rancore uccide chi lo prova, non chi ci ha fatto del male. Perdoniamo allora, perché perdonati. Perché la pace è frutto della giustizia, come dice Isaia, ma la giustizia è frutto del perdono, come dice san Giovanni Paolo.
Siamo noi ad avere bisogno di perdonare, per essere liberi di amare. Perdonati perché amati, perdoniamo perché amiamo.
Fonte: Il mensile “Amen – la Parola che salva“
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