don Pasquale Giordano – Commento al Vangelo del 13 Marzo 2023

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Lunedì della III settimana di Quaresima

2Re 5,1-15   Sal 41 e 42  

Nella tua continua misericordia, o Padre, 

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purifica e rafforza la tua Chiesa,

e poiché non può vivere senza di te, 

guidala sempre con la tua grazia. 

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Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, 

e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,

per tutti i secoli dei secoli.

Dal secondo libro dei Re (2Re 5,1-15)

C’erano molti lebbrosi in Israele, ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro

In quei giorni Naamàn, comandante dell’esercito del re di Aram, era un personaggio autorevole presso il suo signore e stimato, perché per suo mezzo il Signore aveva concesso la salvezza agli Aramèi. Ma quest’uomo prode era lebbroso. 

Ora bande aramèe avevano condotto via prigioniera dalla terra d’Israele una ragazza, che era finita al servizio della moglie di Naamàn. Lei disse alla padrona: «Oh, se il mio signore potesse presentarsi al profeta che è a Samarìa, certo lo libererebbe dalla sua lebbra». Naamàn andò a riferire al suo signore: «La ragazza che proviene dalla terra d’Israele ha detto così e così». Il re di Aram gli disse: «Va’ pure, io stesso invierò una lettera al re d’Israele». 

Partì dunque, prendendo con sé dieci talenti d’argento, seimila sicli d’oro e dieci mute di abiti. Portò la lettera al re d’Israele, nella quale si diceva: «Orbene, insieme con questa lettera ho mandato da te Naamàn, mio ministro, perché tu lo liberi dalla sua lebbra». Letta la lettera, il re d’Israele si stracciò le vesti dicendo: «Sono forse Dio per dare la morte o la vita, perché costui mi ordini di liberare un uomo dalla sua lebbra? Riconoscete e vedete che egli evidentemente cerca pretesti contro di me».

Quando Elisèo, uomo di Dio, seppe che il re d’Israele si era stracciate le vesti, mandò a dire al re: «Perché ti sei stracciato le vesti? Quell’uomo venga da me e saprà che c’è un profeta in Israele». Naamàn arrivò con i suoi cavalli e con il suo carro e si fermò alla porta della casa di Elisèo. Elisèo gli mandò un messaggero per dirgli: «Va’, bàgnati sette volte nel Giordano: il tuo corpo ti ritornerà sano e sarai purificato». 

Naamàn si sdegnò e se ne andò dicendo: «Ecco, io pensavo: “Certo, verrà fuori e, stando in piedi, invocherà il nome del Signore, suo Dio, agiterà la sua mano verso la parte malata e toglierà la lebbra”. Forse l’Abanà e il Parpar, fiumi di Damàsco, non sono migliori di tutte le acque d’Israele? Non potrei bagnarmi in quelli per purificarmi?». Si voltò e se ne partì adirato. 

Gli si avvicinarono i suoi servi e gli dissero: «Padre mio, se il profeta ti avesse ordinato una gran cosa, non l’avresti forse eseguita? Tanto più ora che ti ha detto: “Bàgnati e sarai purificato”». Egli allora scese e si immerse nel Giordano sette volte, secondo la parola dell’uomo di Dio, e il suo corpo ridivenne come il corpo di un ragazzo; egli era purificato.

Tornò con tutto il seguito dall’uomo di Dio; entrò e stette davanti a lui dicendo: «Ecco, ora so che non c’è Dio su tutta la terra se non in Israele».

La conversione di un pagano

Dopo la morte di Salomone il regno si divise in due: il regno di Israele, con capitale Samaria e il regno di Giuda con capitale Gerusalemme. I re di Israele scelsero di continuare la politica degli ultimi anni di Salomone e contrassero alleanze con i popoli vicini introducendo anche i culti pagani che convivevano con la fede tradizionale dei padri. In questo contesto operarono Elia ed Eliseo. L’opera di questi due profeti intendeva mantenere viva la presenza di Dio in mezzo ad un popolo che non riusciva più a distinguere la verità dalla menzogna, i falsi profeti da quelli veri. I primi si erano ridotti a maghi mercenari che spacciavano per oracoli divini ciò che chi li pagava voleva sentirsi dire o compivano riti con la promessa di guarigione. Questa era l’aspettativa anche di Naaman quando va da Eliseo. Il re di Aram pensa che il profeta d’Israele sia il re il quale fraintende la lettera di raccomandazione con la quale chiede di liberare dalla lebbra il suo generale. In realtà, senza che se ne accorga parla da profeta perché afferma che solo Dio può perdonare e restituire la vita. Il profeta non ha poteri ma solo Dio ha il potere. IL profeta è mediatore della parola di Dio. Essa è l’unica che può sanare e salvare a patto, però, che venga messa in pratica. Perciò il profeta Eilseo non incontra personalmente Naaman ma, attraverso messaggeri gli fa giungere il comando di bagnarsi sette volte nel Giordano. Quando il comando viene attuato avviene la guarigione. L’acqua del Giordano non ha proprietà terapeutiche ma diventano il segno della grazia di Dio che opera la salvezza. Naaman non solo viene guarito dopo aver obbedito al comando di Eliseo e aver creduto alla sua parola, ma viene anche salvato perché riconosce che in Israele c’è l’unico vero Dio.

+ Dal Vangelo secondo Luca Lc 4,24-30

Gesù come Elìa ed Elisèo è mandato non per i soli Giudei.

In quel tempo, Gesù [cominciò a dire nella sinagoga a Nàzaret:] «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidóne. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Elisèo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro».

All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.

Un passo avanti

Il profeta vede oltre la barriera dell’incomprensione e del pregiudizio di cui è vittima a causa proprio di coloro che gli sono più vicini e che credono di avere su di lui un’ascendenza particolare. Accontentare certamente sortisce un immediato effetto positivo in termini di simpatia e gradimento ma a detrimento del vero bene e della propria missione. 

Chi presume di sapere ed è troppo convinto di sé, come i Nazaretani, è sempre pronto a dispensare giudizi e suggerimenti. Nel suo cuore non c’è posto per la sapienza che viene da Dio e che è offerta attraverso le persone semplici, quelle che incontriamo tutti i giorni, e nelle situazioni quotidiane che ci sembrano troppo banali. 

Chi cerca la novità nella vita feriale e ordinaria non viene mai deluso, chi è desideroso di imparare dagli altri si pone in un atteggiamento di umile ascolto e da ogni incontro ne esce arricchito. 

Pronunciata una regola desunta dalla esperienza, Gesù non si lascia scoraggiare dalle difficoltà, ma anche dalla prevedibile crisi, che s’innesca con i suoi conoscenti, egli trae la motivazione di andare avanti e di continuare ad annunciare il vangelo ancora, sempre e dovunque, fino alla morte. 

Se è vero che il profeta non è accettato nella sua patria è anche vero che lui per primo è chiamato a cercare sempre il volto di Dio e a riconoscerlo in quello dello sconosciuto o dello straniero. Come Gesù, non bisogna farsi intimorire dalla foga di chi attacca, ma fare sempre un passo in avanti, proseguire sulla via che il Signore indica. È bene ricordare che stare al passo con i tempi non significa seguire le mode del pensiero dominante ma essere alla sequela del Maestro le cui orme sono impresse non sui gradini della gloria umana ma nel fango di quella umanità intrisa di lacrime e sangue. 

Leggi la preghiera del giorno.

Commento a cura di don Pasquale Giordano
Vicario episcopale per l’evangelizzazione e la catechesi e direttore del Centro di Spiritualità biblica a Matera

Fonte – il blog di don Pasquale “Tu hai Parole di vita eterna