Paolo Curtaz – Commento al Vangelo del 2 Marzo 2023

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Per dare senso al deserto che stiamo vivendo, per incamminarci verso la resurrezione da tutto ciò che in noi odora di morte siamo invitati a riprendere in mano la nostra vita di preghiera. Dopo averci consegnato il Padre Nostro, la preghiera dei figli, il Signore oggi ci invita a riflettere sul senso profondo della nostra preghiera.

Cosa è per noi la preghiera? Una richiesta? L’insistenza per convincere una sorta di divinità insensibile e dispotica? Dio, che potrebbe aiutarci, che potrebbe guarirci o sanare una situazione così palesemente ingiusta tentenna, nicchia, si volge dalPaltra parte? Quante volte obiettiamo a Dio che non si occupa di noil O che non agisce! Gesù ci provoca: quale idea di Dio abbiamo mentre preghiamo? E risponde: il Dio che egli prega è un padre che sa bene di cosa abbiamo bisogno, che ci conosce.

Non darebbe mai una pietra al figlio che gli chiede del pane, o una serpe al posto del pesce. E se noi sappiamo dare cose buone ai nostri figli, quando ce le chiedono, perché non dovrebbe farlo lui? Allora chiediamoci: è davvero “buono” ciò che gli sto chiedendo? È, sul serio, davvero, il mio bene?

Certo: chiedere di superare una malattia è una cosa buona, ma la malattia fa parte del nostro percorso di vita, è il modo che il nostro corpo ha di segnalare un disagio. Certo: chiedere la pace nel cuore e nel mondo è una cosa giusta, ma siamo noi per primi a doverla realizzare intorno a noi. Spesso le nostre preghiere chiedono cose che potremmo fare noi, perciò Dio non risponde.

Oppure attende a darcele perché in noi cresca più forte il desiderio. Gesù si fida del Padre e chiede a noi di fidarci, di uscire fuori dagli stereotipi in cui, spesso, lo rinchiudiamo, Chi cerca trova, dice il Maestro, a chi bussa verrà aperto. Spesso ho chiesto e non ho ottenuto ma, guardandomi indietro, mi rendo conto di non avere ricevuto quanto chiedevo ma tutto ciò che desideravo, senza saperlo.

Sì, oggi mi voglio fidare di Dio e convertire la mia preghiera che non viene esaudita, spesso, perché sbaglia destinatario.

Fonte: Il mensile “Amen – la Parola che salva

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